Legge 29 ottobre 2016, n. 199 sul c.d. “caporalato”

La c.d. “legge sul caporalato”, nata per prevenire lo sfruttamento dei lavoratori agricoli, contiene anche disposizioni che si applicano a tutti i settori produttivi, compresa l’edilizia.

Suggerimento n. 504/56 del 14 novembre 2016


La Gazzetta Ufficiale n. 257 del 3 novembre scorso, ha pubblicato la legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”, che i commentatori hanno definito “legge contro il caporalato”.

Il testo, in vigore dal 4 novembre 2016 e che si allega per opportuna conoscenza, sebbene orientato al contrasto del fenomeno nell’ambito del settore agricolo, introduce, peraltro, alcune disposizioni di portata generale, finalizzate ad un inasprimento delle sanzioni penali.

 

Il nuovo articolo 603-bis del codice penale

Attraverso la sostituzione dell’articolo 603-bis del codice penale, intitolato “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, viene stabilito che le sanzioni ivi previste (reclusione da 1 a 6 anni e multa da € 500 a € 1.000 per ciascun lavoratore reclutato) si applicano non solo a chi svolge attività di intermediazione reclutando manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizione di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori (c.d. “caporale”), ma altresì a chi utilizza, assume o impiega manodopera anche mediante l’attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizione di sfruttamento ed approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori (datore di lavoro).

Inoltre, mentre in precedenza il reato ricorreva solamente se i fatti erano commessi mediante violenza o minaccia, nel nuovo testo il reato sussiste anche in mancanza di tali elementi, che integrano esclusivamente un’aggravante, che comporta l’inasprimento delle sanzioni previste per il reato non aggravato (reclusione da 5 a 8 anni e multa da € 1.000 a € 2.000 per ciascun lavoratore reclutato).

Sono state, altresì, modificate le condizioni considerate quali “indici di sfruttamento” che, ai fini della configurazione del reato stesso, potranno sussistere anche singolarmente.

Secondo il nuovo testo, tali condizioni riguardano:

  1. la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
  2. la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
  3. la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
  4. la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.

Sono state, poi, confermate le condizioni precedentemente previste come aggravante specifica, che comportano l’ulteriore aumento della pena da un terzo alla metà.

Premesso quanto sopra, segnaliamo che la riscrittura del reato di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, ed in particolare l’applicazione della disposizione relativa agli “indici di sfruttamento” anche al datore di lavoro e non solo al c.d. “caporale”, rischia di fornire, a causa della eccessiva genericità di tali indici, una non corretta configurazione del reato e conseguenze particolarmente negative per le imprese del settore.

Da notare, in proposito, che ANCE ha monitorato il testo durante tutto l’iter parlamentare e attuato una pressante azione nei confronti di Governo e Parlamento per rilevare la necessità di circoscrivere l’entità e la temporaneità dei suddetti “indici di sfruttamento”, ottenendo vari Ordini del Giorno (ODG 9/4008/5, ODG 9/4008/8 e ODG 9/4008/9), che recepiscono l’istanza avanzata dall’ANCE circa la necessità di impegnare il Governo a monitorare gli effetti applicativi della nuova disposizione penale valutando, se necessario, eventuali modifiche, con particolare riferimento agli indici della condotta del reato.

A quanto precede va aggiunta l’approvazione di altri tre Ordini del Giorno (ODG 9/4008/11, ODG 9/4008/31 e ODG 9/4008/41), che impegnano rispettivamente il Governo ad “individuare apposite modalità per chiarire che gli indici di sfruttamento svolgono una funzione meramente accessoria”, a “prevedere linee guida volte ad indicare criteri obiettivi ed omogenei in base ai quali gli organi di vigilanza sono chiamati ad accertare le violazioni” e a “monitorare l’applicazione delle disposizioni presentando apposita relazione periodica alla Camera”.

Sul punto - fermo restando quanto verrà chiarito dai Ministeri competenti con apposite circolari sul tema - ANCE ritiene che, ai fini della configurazione del reato in esame, gli elementi di sfruttamento e di approfittamento dello stato di bisogno debbano essere intesi in stretta connessione tra loro, costituendo il presupposto della condotta approfittatrice.

Inoltre, con specifico riferimento agli “indici di sfruttamento”, gli stessi dovranno costituire un “sintomo”, un “indizio” che il giudice dovrà valutare solo se corroborati dagli elementi di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno e non condotte di per sé immediatamente delittuose.

 

I nuovi articoli 603-bis.1 e 603-bis.2

L’articolo 2 della legge introduce poi l’articolo 603-bis.1 in materia di “Circostanza attenuante” e l’articolo 603-bis.2 in tema di “Confisca obbligatoria”.

In particolare, con riferimento alla circostanza attenuante, è stata prevista la riduzione da 1/3 a 2/3 della pena per chiunque si adoperi per evitare che l’azione delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o aiuti le autorità giudiziarie nella raccolta di prove decisive.

In merito, poi, alla confisca obbligatoria, è stato previsto che in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato.

Anche su tale ultima disposizione, l’ANCE è intervenuta nei confronti del Parlamento al fine di precisare che la confisca di dette cose, che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, non operi laddove la confisca del bene, che è il prodotto del reato, comprometta altro bene, anche nel suo utilizzo, appartenente a persona o ente estranei al reato, a cui esso sia funzionalmente o strutturalmente connesso, in quanto ormai non più individuabile in modo indipendente poiché assorbito nell’opera complessiva e il Parlamento ha impegnato il Governo, con l’Ordine del Giorno G2.202, a valutare l’opportunità di prevedere una revisione di tale norma.

 

L’articolo 3 della legge n. 199/2016 “Controllo giudiziario dell’azienda e rimozione delle condizioni di sfruttamento”

La disposizione introdotta dall’articolo 3 della legge in oggetto prevede la possibilità che il giudice disponga, in luogo del sequestro, e qualora ricorrano i presupposti di cui all’articolo 321 del codice di procedura civile (possibile aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato ovvero agevolazione della commissione di altri reati), il controllo giudiziario dell’azienda presso cui è stato commesso il reato, qualora l'interruzione dell'attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso aziendale.

L'amministratore giudiziario nominato dal giudice dovrà affiancare l'imprenditore nella gestione dell'azienda, controllando il rispetto delle norme e delle condizioni lavorative la cui violazione costituisce indice di sfruttamento lavorativo, procedere alla regolarizzazione dei lavoratori che, al momento dell'avvio del procedimento per i reati previsti dall'articolo 603-bis, prestavano la propria attività lavorativa in assenza di un regolare contratto e, al fine di impedire che le violazioni si ripetano, adottare adeguate misure anche in difformità da quelle proposte dall'imprenditore o dal gestore.

Ci riserviamo di fornire ulteriori chiarimenti alla luce delle circolari ministeriali che verranno presumibilmente emanate sul tema e dell’evoluzione giurisprudenziale, anche mediante appositi incontri o seminari con la partecipazione di esperti in materia penale.


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