Disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro - Articolo 4 legge n. 300/1970 - Novita’ a seguito del ”Jobs Act”
La nuova disciplina dei controlli a distanza sull’attività dei lavoratori, conseguente alle novità introdotte dal “Jobs Act”.
Suggerimento n. 517/58 del 25 novembre 2016
Nel nostro Suggerimento n. 555/2014 avevamo segnalato che, tra le deleghe conferite al Governo dal “Jobs Act” (legge n. 183/2014), vi era anche quella relativa alla “revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore”.
Tale delega è stata attuata con due provvedimenti: l’articolo 23 del decreto legislativo n. 151/2015 e l’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 185/2016.
Successivamente, sono intervenuti il Ministero del lavoro, con la nota n. 11241/2016, in tema di sanzioni per l’installazione e l’impiego illecito di impianti audiovisivi per controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, nonché l’Ispettorato nazionale del lavoro, con la circolare n. 2/2016, in tema di utilizzo di impianti GPS.
Nell’allegare il testo coordinato del nuovo articolo 4 della legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori), provvediamo a fornire una sintesi dei principali aspetti della vigente disciplina, riservandoci di comunicare - anche mediante appositi incontri o seminari con la partecipazione di esperti in materia - le ulteriori indicazioni ed interpretazioni che dovessero intervenire sul tema da parte del Ministero del lavoro e/o della giurisprudenza.
Viene meno il divieto generalizzato di utilizzo di apparecchiature che consentano il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
Infatti, il nuovo articolo 4 cambia l’impostazione di fondo e prevede una disciplina differenziata a seconda che si tratti di:
a) strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (ad esempio, tablet, smartphone, personal computer, ecc.) o strumenti per la registrazione degli accessi e delle presenze;
b) altri strumenti (impianti audiovisivi o altre apparecchiature).
In particolare, gli strumenti di cui al precedente punto b), che consentano di svolgere controlli a distanza, possono essere impiegati solo qualora ricorrano due condizioni:
- siano finalizzati alla soddisfazione: di esigenze organizzative e produttive; della sicurezza del lavoro; della tutela del patrimonio aziendale;
- sia concluso preventivamente un accordo collettivo (con la RSU/RSA o, qualora l’impresa abbia unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni, con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) ovvero, in mancanza di accordo, l’utilizzo degli strumenti sia stato autorizzato preventivamente in via amministrativa (dalla Direzione territoriale del lavoro o, se l’impresa ha unità produttive nel territorio di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, dal Ministero del Lavoro).
In ogni caso, il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori deve essere una mera possibilità e mai l’unico scopo per il quale tali strumenti tecnologici vengono utilizzati.
Secondo Confindustria, gli accordi conclusi o i provvedimenti rilasciati nel corso della previgente normativa dovrebbero ritenersi ancora efficaci. Tuttavia, qualora nell’accordo vi fossero riserve circa l’utilizzo a fini disciplinari dei dati raccolti (v. infra il “nuovo comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 300/1970”), l’impresa potrà valutare l’opportunità di disdettare l’accordo stesso ovvero di chiedere l’emanazione di un nuovo provvedimento amministrativo.
Gli strumenti di cui al precedente punto a) sono, viceversa, esclusi dall’obbligo della verifica della sussistenza di finalità predeterminate nonché dal preventivo accordo sindacale o dal provvedimento amministrativo.
La fattispecie ricomprende sicuramente tutti quegli strumenti tecnologici che sono usati dal lavoratore nell’esecuzione della prestazione lavorativa, anche se questi risultino integrati ed incorporati nell’apparecchiatura utilizzata dal lavoratore e possano fornire dati sull’attività svolta dal lavoratore.
Questione più controversa è quella di elementi meramente accessori della strumentazione tecnologica fornita al lavoratore che, dunque, non sono necessariamente funzionali a rendere la prestazione lavorativa.
In questi casi, in via di prima interpretazione, Confindustria ha ritenuto che si rientri nella disciplina di cui al punto b). Conseguentemente sarà, in linea di principio, necessario concludere preventivamente un accordo sindacale ovvero ottenere un provvedimento di autorizzazione qualora l’elemento accessorio non sia tale da risultare necessario per rendere la prestazione lavorativa. La valutazione dovrà, quindi, essere svolta caso per caso in base alle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore.
A conferma della necessità di procedere con estrema cautela nella valutazione delle singole fattispecie, evidenziamo la circolare n. 2/2016 dell’Ispettorato nazionale del lavoro che, esprimendo il primo parere successivo alla nuova formulazione dell’articolo 4 della legge n. 300/1970, sostiene che “in linea di massima, e in termini generali, si può ritenere che i sistemi di geolocalizzazione (GPS) rappresentino un elemento “aggiunto” agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa, ma per rispondere ad esigenze ulteriori di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o per garantire la sicurezza del lavoro. Ne consegue che, in tali casi, la fattispecie rientri nel campo di applicazione di cui al comma 1 dell’articolo 4 della legge n. 300/1970 e pertanto le relative apparecchiature possano essere installate solo previo accordo stipulato con la rappresentanza sindacale ovvero, in assenza di tale accordo, previa autorizzazione da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro”.
Resterebbero esclusi dal preventivo accordo o dalla preventiva autorizzazione solo i casi in cui il GPS “sia installato per consentire la concreta ed effettiva attuazione della prestazione lavorativa (e cioè la stessa non possa essere resa senza ricorrere all’uso di tali strumenti), ovvero l’installazione sia richiesta da specifiche normative di carattere legislativo o regolamentare (ad esempio, uso dei sistemi GPS per il trasporto di portavalori superiore a euro 1.500.000,00, ecc.)”.
Il nuovo comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 300/1970, una delle novità più rilevanti della nuova disciplina, prevede espressamente che le informazioni ottenute dagli strumenti disciplinati dai commi precedenti siano utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, quindi anche a fini disciplinari.
Tuttavia, il comma anzidetto pone, tanto per gli strumenti che ricadono nella disciplina di cui al comma 1 (impianti audiovisivi o altre apparecchiature) quanto per quelli previsti dal comma 2 (strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa o strumenti per la registrazione degli accessi e delle presenze), due importanti condizioni all’utilizzo delle informazioni ottenute tramite il controllo a distanza:
- l’obbligo di informazione adeguata sulle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli;
- il rispetto del c.d. “Codice della privacy” (D. Lgs. n. 196/2003).
Quanto all’informazione preventiva, la nuova disposizione prevede che essa debba riguardare due specifici profili: le modalità d’uso degli strumenti e le modalità di effettuazione dei controlli.
Da un lato, il datore, attraverso l’informativa sulle modalità d’uso della strumentazione, ha l’opportunità di informare il lavoratore in ordine ai “limiti” che egli dovrà rispettare nell’utilizzo dello strumento, in modo che l’uso risulti pienamente “funzionale” alla prestazione lavorativa; d’altro lato, il riferimento alle modalità di effettuazione dei controlli rappresenta un limite all’uso dei dati, forniti dagli strumenti, da parte dei datori di lavoro: in altri termini, tramite questa informativa, il lavoratore è posto nelle condizioni di conoscere in anticipo con quali modalità i dati sulla sua attività lavorativa potrebbero essere oggetto di verifica.
Appare ragionevole ritenere che la predetta informativa sulle modalità di utilizzo degli strumenti tecnologici e di esecuzione dei controlli costituisca un adempimento distinto ma integrabile con la c.d. “informativa privacy”.
Quanto ai profili della “privacy”, citati dalla nuova disciplina, è possibile affermare che i dati personali utilizzati nel corso delle attività di monitoraggio in ambito lavoristico debbano comunque essere ”adeguati, pertinenti e non eccedenti” rispetto alle legittime finalità che giustificano il controllo.
L’articolo 23 del D.Lgs. n. 151/2015 aggiorna anche il regime sanzionatorio applicabile in caso di violazioni dell’articolo 4 della legge n. 300/1970.
Le sanzioni penali previste dall’articolo 38 della legge n. 300/1970 (ammenda da € 154 ad € 1.549 o arresto da 15 giorni ad un anno; nei casi più gravi, applicazione congiunta di arresto e ammenda) trovano applicazione solo in caso di violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, dell’anzidetto articolo 4, mentre resta esclusa dalla sanzione penale la disciplina prevista dal comma 3 dell’articolo 4, relativa all’informazione del lavoratore circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli.
Conseguentemente, in caso di violazione di tale ultima disposizione, troveranno applicazione gli ordinari rimedi civilistici, nonché, in caso di inosservanza della disciplina prevista dal “Codice privacy” con riferimento alle modalità di utilizzo delle informazioni raccolte, il relativo specifico regime sanzionatorio.
Da notare, infine, che il Ministero del lavoro, con la sopra citata nota n. 11241/2016, ha precisato che, quando, nel corso di ispezioni, si accerti l’installazione e l’impiego illecito di impianti audiovisivi per finalità di controllo a distanza dei lavoratori in orario di lavoro, la violazione della previsione dell’articolo 4 non è esclusa dalla circostanza che tali apparecchiature siano solo installate ma non ancora funzionanti, né dall’eventuale preavviso dato ai lavoratori, né infine dal fatto che il controllo sia discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente.