URBAN FORO - Applicazione dell’istituto del silenzio assenso
Un recente orientamento espresso dall’Adunanza della Commissione Speciale del Consiglio di Stato chiarisce le modalità applicative dell’istituto del silenzio assenso.
Suggerimento n.520/75 del 25 novembre 2016
Il Consiglio di Stato, in sede di adunanza della Commissione speciale, ha espresso il parere 13 luglio 2016, n. 1640, relativo all’applicazione dell’istituto del silenzio assenso, di cui all’art. 17 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, (la cosiddetta “legge Madia” – legge di riforma della Pubblica Amministrazione).
Tale articolo stabilisce che “decorsi i termini di trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.”
La Commissione speciale del Consiglio di Stato si è pronunciata in merito alla nota del 31 maggio 2016 dell’Ufficio legislativo del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, che solleva alcuni dubbi interpretativi relativi a:
- ambito di applicazione soggettivo del nuovo istituto;
- ambito di applicazione oggettivo;
- rapporti con la Conferenza di Servizi;
- modalità di formazione del silenzio assenso;
- esercizio del potere di autotutela dopo la formazione del silenzio assenso (prima e dopo l’adozione del provvedimento finale).
Ambito di applicazione soggettivo
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione soggettivo, la nota del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione pone quattro distinte questioni:
- applicabilità a Regioni ed enti locali;
- applicabilità agli organi politici;
- applicabilità alle Autorità indipendenti;
- applicabilità ai gestori di beni e servizi pubblici.
Applicabilità a Regioni ed enti locali
Il Consiglio di Stato è favorevole all’applicabilità del nuovo istituto del silenzio assenso a Regioni ed enti locali, segnalando l’opportunità della Pubblica Amministrazione di intensificare il coordinamento istituzionale per garantire un’omogenea applicazione delle regole di semplificazione.
Tale considerazione consegue all’applicazione dell’art. 117, comma 2, lett m della Costituzione, che qualifica l’attività amministrativa come “prestazione”, di cui allo Stato compete determinare il livello essenziale (come ribadito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 164 del 20 giugno 2012), stabilendo le norme necessarie ad assicurare a tutti sul territorio nazionale il godimento di prestazioni garantite.
Lo Stato ha competenza di legislazione esclusiva nella “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, senza che la legislazione regionale possa limitarli o condizionarli (come sostenuto dalla Corte Costituzionale, con le sentenze n. 322 del 30 novembre 2009 e n. 282 del 19 giugno 2002).
A tali livelli essenziali attengono gli obblighi per la Pubblica Amministrazione di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa, nonché di rispetto della durata massima dei procedimenti (in base dell’articolo 29, comma 2 bis della legge 241/1990) e le disposizioni concernenti la presentazione di istanze, segnalazioni e comunicazioni, la dichiarazione di inizio attività, il silenzio assenso e la Conferenza di Servizi, tranne i casi in cui tali disposizioni non si applicano a seguito di quanto individuato in sede di Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del Decreto Legislativo n. 281/1997 (in base dell’articolo 29, comma 2 ter della legge 241/1990).
L’applicabilità della nuova norma alle Regioni è contenuta nel generico riferimento al silenzio assenso, contenuto all’art. 29, comma 2 ter della legge 241/1990, senza distinguere tra il silenzio assenso relativo alle istanze presentate dai privati, di cui all’art. 20 della legge 241/1990 e quello tra Amministrazioni, trattato nell’articolo 17 bis introdotto con la legge 124/2015.
Come stabilito dall’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, le previsioni normative del Titolo V della Costituzione si applicano anche alle “Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano, per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”.
Come già affermato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza 17 luglio 2012, n. 203, in tema di SCIA, l’estensione dell’applicazione del nuovo istituto del silenzio assenso deriva dall’articolo 117, comma 2, lettera m), che “postula tutele necessariamente uniformi su tutto il territorio nazionale”.
Si tratta di un aspetto che “non può essere assicurato dalla Regione", la cui “potestà legislativa è circoscritta all’ambito territoriale”.
Applicabilità agli organi politici
Il Consiglio di Stato è favorevole all’applicabilità del silenzio assenso di cui all’art. 17 bis della legge 241/90 anche agli organi politici, sia in sede di adozione di atti amministrativi o normativi, sia in fase di espressione di concerti, assensi o nulla osta, nell’ambito di procedimenti per l’adozione di atti amministrativi o normativi di competenza di altre Amministrazioni.
Come puntualizzato dal Consiglio di Stato, la disposizione relativa all’applicazione dell’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 17 bis della legge 241/1990 si riferisce ai “procedimenti per l’adozione di provvedimenti normativi o amministrativi” e non alla natura dell’organo (amministrativo o politico) titolare della competenza.
Vi rientrano quindi anche gli organi politici regionali, nel rispetto comunque di eventuali norme speciali statutarie che siano incompatibili con tale istituto.
Applicabilità alle Autorità indipendenti
Con riferimento alle Autorità indipendenti, secondo il parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato, il nuovo meccanismo di semplificazione del silenzio assenso è applicabile, in quanto non emergono ragioni di incompatibilità connesse alla particolare autonomia di cui godono le Autorità, anch’esse riconducibili alla categoria delle Pubbliche Amministrazioni.
La nuova disposizione “è applicabile sia nella parte in cui prevede il termine di trenta giorni per rendere (o ricevere) l’assenso, sia nella parte in cui prevede il silenzio assenso in caso di inerzia”.
Il Consiglio di Stato afferma “l’opportunità di prevedere a favore delle Autorità indipendenti, una deroga analoga alle Amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili 8 che beneficiano di un termine più lungo (quello stabilito dalla normativa di settore o in mancanza il termine di novanta giorni) rispetto ai trenta giorni previsti in via generale”.
Applicabilità ai gestori di beni e servizi pubblici
Il Consiglio di Stato afferma che la disciplina del silenzio assenso “si applica ai gestori di beni e servizi pubblici, anche qualora siano titolari del procedimento (e debbano acquisire l’assenso di altre Amministrazioni) e non solo quando siano chiamati a dare l’assenso nell’ambito di procedimenti di altre Amministrazioni”.
È a favore di tale conclusione il “riferimento alla nozione “oggettiva” e “funzionale” di Pubblica Amministrazione, in virtù della quale si considera Pubblica Amministrazione ogni soggetto che, a prescindere dalla veste formale-soggettiva, sia tenuto ad osservare, nello svolgimento di determinate attività o funzioni, i princìpi del procedimento amministrativo”.
Secondo il Consiglio Stato, quindi, “il gestore negli ambiti e nei limiti in cui la sua attività è procedimentalizzata, va considerato Pubblica Amministrazione”.
Ambito di applicazione oggettivo
L’applicabilità del meccanismo di semplificazione interessa i procedimenti diretti all’emanazione di:
- provvedimenti e atti normativi, in quanto vi è un riferimento esplicito ai “procedimenti per l’adozione degli atti normativi” (art 17 bis, comma 1);
- provvedimenti amministrativi inerenti “interessi pubblici primari”, relativi ai procedimenti di competenza di Amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili (beni culturali e la salute dei cittadini) che beneficiano di un termine diverso (quello previsto dalla normativa di settore o, in mancanza, del termine di novanta giorni), scaduto il quale sono, tuttavia, sottoposte alla regola generale del silenzio assenso (art 17 bis, comma 3);
- provvedimenti amministrativi, relativi ad “ogni procedimento che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di un’altra Amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento nei rapporti con il privato destinatario degli effetti dello stesso”.
Il Consiglio di Stato ha evidenziato che il silenzio assenso, di cui all’articolo 17 bis della legge 241/1990, si riferisce ad atti da acquisire nella fase decisoria dopo che l’istruttoria è stata conclusa.
Il silenzio assenso è applicabile ai soli procedimenti che conducono a una decisione pluristrutturata, perciò nei soli casi in cui l’atto da acquisire abbia valenza co-decisoria.
Solo a seguito delle risultanze dell’istruttoria all’Amministrazione procedente, è consentita l’elaborazione dello schema di provvedimento sul quale l’Amministrazione interpellata esprime il suo consenso.
Secondo la Commissione Speciale del Consiglio di Stato, la norma è “applicabile ai pareri vincolanti e non a quelli esclusivamente consultivi”, che restano regolamentati dalla disciplina di cui agli articoli 16 e 17 della Legge 241/90, relativi all’attività consultiva delle Pubbliche Amministrazioni, che stabilisce che, decorso il termine (pari a 20 giorni) entro il quale gli organi consultivi devono rendere i pareri alle Pubbliche Amministrazioni, l’Amministrazione può procedere indipendentemente da tale parere.
La norma, di cui all’art. 17 bis della legge 241/1990, richiede che le Amministrazioni (Ente titolare del procedimento ed Ente interpellato) condividano la funzione decisoria, ossia entrambe siano titolari di una funzione decisoria.
Nel parere il Consiglio di Stato ha specificato che “non incide sull’applicabilità del nuovo istituto la circostanza che l’istanza sia presentata direttamente dal privato o per il tramite di un’Amministrazione che si limita a un ruolo di mera intermediazione (acquisisce e trasmette l’istanza all’Amministrazione unica decidente) senza essere coinvolta, in qualità di autorità co-decidente, nel relativo procedimento”.
Si esclude infatti l’operatività del nuovo silenzio assenso tra Pubbliche Amministrazioni qualora l’atto di assenso sia chiesto da una Pubblica Amministrazione, non nel proprio interesse, ma per quello del privato (destinatario finale dell’atto), il quale abbia presentato la relativa domanda tramite lo Sportello Unico.
Sulla base di tali considerazioni, il silenzio assenso di cui all’art. 17 bis della legge 241/1990 non si applica ai procedimenti di rilascio dei titoli edilizi in cui l’Amministrazione ha un ruolo di formale di trasmissione dell’istanza ad un’altra Amministrazione unica decidente.
In tal caso, “non essendoci un’Amministrazione co-decidente, il vero beneficiario del silenzio assenso sarebbe il privato, avendosi quindi un’ipotesi di silenzio assenso nei rapporti con i privati”.
Per le istanze presentate dai privati si applica l’art. 20 della legge 241/1990, che regolamenta l’applicazione dell’istituto del silenzio assenso “nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi”, escludendo “gli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità e i casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali” (in base al comma 4 dell’articolo 20).
Sono i soli procedimenti volti alla tutela di interessi primari concernenti la presentazione delle istanze da parte dei privati, esclusi dall’applicazione del silenzio assenso in base all’articolo 20, comma 4, che, in caso di una dichiarata applicabilità dell’art. 17 bis della legge 241/90 di nuova introduzione, avrebbero potuto beneficiare del meccanismo del silenzio assenso, che prevede l’estensione del termine per la formazione del silenzio assenso.
Questo aspetto, tuttavia, non è stato chiarito dal Consiglio di Stato e comunque occorre tener conto delle modifiche che nel frattempo sono intervenute in merito al procedimento del permesso di costruire, a seguito della nuova normativa della Conferenza di Servizi.
Nei casi volti alla tutela di interessi primari, infatti, è sempre applicabile la procedura della Conferenza di Servizi in caso di acquisizione di atti di assenso.
Rapporti con la Conferenza di Servizi
Secondo la nuova normativa sulla Conferenza di Servizi, è obbligatorio convocare la Conferenza di Servizi decisoria tutte le volte che la conclusione positiva del procedimento sia subordinata all’acquisizione “di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso” ovvero, anche su richiesta del privato, qualora l’attività dello stesso sia subordinata a più atti di assenso da adottare a conclusione di distinti procedimenti.
La relazione illustrativa al decreto legislativo di Riforma della Conferenza di Servizi specificava che la Conferenza di Servizi non era obbligatoria quando era necessario “un solo atto di assenso” e che in tal caso si applicava l’articolo 17 bis della Legge 241/90, in tema di silenzio tra Pubbliche Amministrazioni.
Secondo il parere del Consiglio di Stato, il criterio più semplice per la risoluzione dell’apparente sovrapposizione normativa è considerare l’applicazione dell’art. 17 bis “nel caso in cui l’Amministrazione procedente debba acquisire l’assenso di una sola Amministrazione”, mentre nel caso di assensi da parte di più Amministrazioni opera la Conferenza di Servizi.
La Commissione Speciale del Consiglio di Stato suggerisce, in alternativa, “al fine di estendere l’ambito applicativo dell’art. 17 bis, la soluzione secondo cui il silenzio assenso operi sempre” (anche nel caso in cui siano previsti assensi di più Amministrazioni), al fine di evitare così che, con la formazione del silenzio assenso, si attivi la Conferenza di Servizi.
Secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, quindi, “quest’ultima andrebbe convocata, quindi, nei casi in cui il silenzio assenso non si è formato a causa del dissenso espresso dalle Amministrazioni interpellate e avrebbe lo scopo di superare il dissenso”.
Modalità di formazione del silenzio assenso
Secondo il parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato, per la formazione del silenzio assenso, è sufficiente che l’Amministrazione procedente, effettui “l’invio formale del testo non ancora sottoscritto, in vista della successiva eventuale sottoscrizione di un testo condiviso” (nell’ipotesi in cui l’Amministrazione interpellata esprima un assenso espresso).
Qualora l’Amministrazione interpellata rimanga silente, “il provvedimento potrà essere sottoscritto soltanto dall’Amministrazione procedente, dando atto dell’invio dello schema di provvedimento e del decorso del termine per il silenzio assenso.”
La decisione ultima sull’adozione del provvedimento finale spetta all’Amministrazione procedente la quale, a seguito della segnalazione, può anche decidere di dissentire.
Esercizio del potere di autotutela dopo la formazione del silenzio assenso
Nel caso in cui il provvedimento finale non sia stato ancora adottato, il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato esclude che, formatosi il silenzio assenso, l’Amministrazione inerte possa superarlo esercitando il potere di autotutela unilaterale.
Secondo il parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato, infatti, “il termine di trenta giorni (o il diverso termine, che, in caso di Amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili è di 90 giorni) ha natura perentoria e, dunque, la sua scadenza fa venire meno il potere postumo di dissentire” (anche in autotutela) dell’Amministrazione che non si è pronunciata per impedire l’adozione finale del provvedimento.
Successivamente all’adozione del provvedimento finale (adottato sulla base del silenzio assenso dell’Amministrazione interpellata), l’autotutela soggiace alla regola del contrarius actus, in base alla quale l’eventuale esercizio del potere di riesame in autotutela deve seguire il medesimo procedimento d’emanazione dell’atto che si intende rimuovere o modificare.
Questo significa che l’Amministrazione autrice dell’assenso silenzioso non potrà limitarsi ad esprimere il proprio sopravvenuto dissenso, ma dovrà sollecitare l’avvio del procedimento di riesame, condotto dall’Amministrazione procedente.