Notiziario delle recenti pronunce di rilievo in materia di licenziamento nell’ambito della giurisprudenza della suprema Corte di Cassazione - 7/2024
Segnaliamo recenti pronunce della Cassazione in materia di licenziamento, al fine di informare le imprese associate circa gli orientamenti giurisprudenziali e gli esiti delle impugnative, fermo che è sempre attivo il nostro servizio sindacale, telefonico e su appuntamento, per supportare il datore di lavoro nelle eventuali procedure di licenziamento individuale o collettivo.
Suggerimento n. 368/75 del 24 luglio 2024
CASSAZIONE CIVILE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA N. 18904 DEL 23.04.2024 - ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO PER MOTIVI ECONOMICI DEL LAVORATORE A CUI NON È STATA OFFERTA UNA RICOLLOCAZIONE CON MANSIONI INFERIORI, ANCHE CON PASSAGGIO DA IMPIEGATO A OPERAIO, ANCHE A TEMPO DETERMINATO
Una società, dopo aver avviato una procedura di conciliazione preventiva presso l’Ispettorato del lavoro, ha licenziato un proprio lavoratore dipendente con mansioni impiegatizie per giustificato motivo oggettivo – per soppressione della posizione organizzativa – dichiarando l’impossibilità di repêchage in posizioni di lavoro equivalenti.
Il lavoratore ha impugnato giudizialmente il proprio licenziamento al fine di farne accertare l’illegittimità sostenendo che, in tema di repêchage, la società avrebbe dovuto offrire allo stesso la possibilità di ricollocazione presso la stessa con altre mansioni esistenti, anche inferiori.
Nel primo e nel secondo grado di giudizio, il licenziamento effettuato dalla società è stato considerato valido dagli organi giudicanti che, in merito all’onere di repêchage, hanno ritenuto sufficiente la dimostrazione, da parte della stessa, della mancata assunzione - successivamente al licenziamento del lavoratore - di personale a tempo indeterminato per posizioni equivalenti.
Nel terzo grado di giudizio, promosso dal lavoratore, la Corte di Cassazione – esprimendosi con l’Ordinanza n. 18904/2024 in commento - ha ritenuto non conforme all’ordinamento, per come lo stesso si è sviluppato in virtù della recente giurisprudenza della stessa Corte, l’applicazione dell’istituto effettuata dai giudici di primo e secondo grado, chiarendo che:
- l’onere della prova in materia di repêchage è esclusivamente a carico del datore di lavoro e non vi è alcun onere, neppure di allegazione, gravante sul lavoratore;
- l’onere della prova a carico del datore di lavoro è esteso anche alle mansioni inferiori, sicché egli è tenuto a provare che al momento del licenziamento non esista nessuna posizione lavorativa in cui possa utilmente ricollocarsi il licenziando (tenuto conto dell’organizzazione aziendale esistente in quel momento Cfr. Cass. n. 13116/2015);
- l’esistenza di mansioni alternative anche inferiori va verificata sia per le mansioni impiegatizie (come quelle del licenziato) che per quelle operaie, in quanto ciò che rileva è l’ampiezza delle competenze rivestite dal lavoratore che possono permettere allo stesso di svolgere tali mansioni anche inferiori;
- a fronte dell’esistenza di mansioni alternative anche inferiori - anche a tempo determinato - il datore di lavoro, prima di intimare il licenziamento, deve offrire tali mansioni al lavoratore, prospettandone il demansionamento, in applicazione del principio di buona fede e correttezza, e può recedere dal rapporto di lavoro solo ove la soluzione alternativa non venga accettata da quest’ultimo (Cfr. Cass. Ord. n. 31561/2023);
- per sottrarsi all’annullamento del licenziamento, il datore di lavoro deve allegare e provare, sulla base di circostanze oggettivamente riscontrabili e avuto riguardo alla specifica condizione e alla sua intera storia professionale, che il lavoratore non abbia le competenze professionali richieste per l’espletamento di tali mansioni alternative anche inferiori.
In virtù di ciò, la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza in commento, avendo rilevato che all’atto del licenziamento del lavoratore
- erano disponibili presso la società datrice di lavoro delle posizioni di lavoro alternative, ancorché con mansioni inferiori, di operaio e a tempo determinato (coperte – successivamente al licenziamento del lavoratore – con due assunzioni a tempo determinato);
- tali posizioni non erano state offerte al lavoratore;
ha cassato la sentenza di secondo grado in relazione al repêchage, rimettendola al giudice di rinvio che, per la prosecuzione della causa, dovrà conformarsi al seguente principio di diritto:
“Non risulta assolto l’obbligo di repêchage ove all’atto di licenziamento per GMO risultino esistenti nell’organico aziendale mansioni inferiori, anche a termine, ed il datore non abbia effettuato alcuna offerta di demansionamento al lavoratore né comunque allegato e provato in giudizio che il lavoratore non rivesta le competenze professionali richieste per l’espletamento delle stesse mansioni”.