Notiziario delle recenti pronunce di rilievo in materia di licenziamento nell’ambito della giurisprudenza della suprema corte di cassazione - 4/2024
Segnaliamo recenti pronunce della Cassazione in materia di licenziamento, al fine di informare le imprese associate circa gli orientamenti giurisprudenziali e gli esiti delle impugnative, fermo che è sempre attivo il nostro servizio sindacale, telefonico e su appuntamento, per supportare il datore di lavoro nelle eventuali procedure di licenziamento individuale o collettivo.
Suggerimento n.215/46 del 24 aprile 2024
CASSAZIONE CIVILE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA N. 9937 DEL 12.04.2024 - LICENZIAMENTO PER G.M.O. - ILLEGITTIMO IL LICENZIAMNETO PER IDONEITA’ FISICA SOPRAVVENUTA SE IL DATORE DI LAVORO POTEVA ADIBIRE IL DIPENDENTE A MASIONI ALTERNATIVE POSSIBILI E COMPATIBILI CON LO STATO DI SLAUTE - REINTEGRA NEL POSTO DI LAVORO
Un lavoratore dipendente di Trenitalia Spa ha impugnato giudizialmente il proprio licenziamento irrogatogli per "sopraggiunta inidoneità fisica” alla mansione, ritenendolo illegittimo.
La Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermando la pronuncia del Giudice di prime cure, alla luce del comma 4 dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970) come novellato dalla Legge Fornero (L. n. 92/2012), ha nuovamente accolto le ragioni del lavoratore e accertato l’illegittimità del licenziamento allo stesso intimato da Trenitalia Spa, ritenendo “indimostrata (da parte di quest’ultima ndr.) l’impossibilità di repêchage”.
In virtù di ciò, l’adita Corte d’Appello ha condannato Trenitalia Spa alla reintegra del lavoratore nel posto di lavoro ed a risarcirgli il danno subito, pagandogli un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, nella misura di dodici mensilità, oltre accessori e rivalutazione monetaria e versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Reggio Calabria, la società datrice di lavoro ha proposto ricorso innanzi alla Corte Suprema di Cassazione.
Quest’ultima, con l’ordinanza n. 9937/2024, ha ulteriormente confermato la pronuncia dei Giudici di merito, ed ha ribadito che:
- in merito al repêchage, grava sul datore di lavoro l'onere di fornire la prova che "tutti i posti di lavoro erano stabilmente occupati al momento del licenziamento" ma anche "che, dopo di esso e per un congruo periodo di tempo, non sono state effettuate assunzioni" (prova non offerta nei giudizi di merito);
- in caso di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, il datore di lavoro “ha l'onere di provare la sussistenza delle giustificazioni del recesso, ai sensi dell'art. 5 della l. n. 604 del 1966, dimostrando non solo il sopravvenuto stato di inidoneità del lavoratore e l'impossibilità di adibirlo a mansioni, eventualmente anche inferiori, compatibili con il suo stato di salute, ma anche l'impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli”;
- la sentenza di secondo grado impugnata è conforme al principio secondo cui, in caso di licenziamento intimato per inidoneità fisica o psichica, la violazione dell'obbligo datoriale di adibire il lavoratore ad alternative possibili mansioni, cui lo stesso sia idoneo e compatibili con il suo stato di salute, integra l'ipotesi di difetto di giustificazione del licenziamento, suscettibile di reintegrazione (come nel caso di specie);
- più in generale, con la sentenza n. 125/2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 18, co.7 secondo periodo, della L. n. 300/1970, come modificato dall'art. 1, co. 42, lettera b), della L. n. 92/2012, limitatamente alla parola "manifesta" riferita all’ insussistenza del fatto posto a base del licenziamento, con la conseguenza che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ove sia stata accertata l’"insussistenza dei fatto" - fatto da intendersi nella giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, inaugurata da Cass. n. 10435/2018 comprensivo della impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore - va applicata la sanzione della reintegra, tanto più che, con altra sentenza della Corte costituzionale (n. 59/2021), era già stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della medesima disposizione nella parte in cui prevedeva, in caso di accertata illegittimità del licenziamento, un potere discrezionale del giudice in ordine all'applicazione della tutela reale.