Notiziario delle recenti pronunce di rilievo in materia di licenziamento - Licenziamenti collettivi: legittima la tutela indennitaria prevista dal Jobs Act
Segnaliamo una recente pronuncia della Corte costituzionale in materia di licenziamento collettivo, al fine di informare le imprese associate circa gli orientamenti giurisprudenziali e gli esiti delle impugnative, fermo che è sempre attivo il nostro servizio sindacale, telefonico e su appuntamento, per supportare il datore di lavoro nelle eventuali procedure di licenziamento individuale o collettivo.
Suggerimento n.73/19 del 1 febbraio 2024
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 7/2024, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3 (co.1) e 10, del D.lgs. n. 23/2015, che, in attuazione della legge di delega n. 183/2014 (c.d. Jobs Act), ha introdotto il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio.
La pronuncia della Corte origina dalle censure effettuate dalla Corte d’appello di Napoli in merito alle conseguenze della violazione dei criteri di scelta dei lavoratori in esubero nella procedura di licenziamento collettivo, che prevedono – per i lavoratori assunti a partire dal 7 marzo 2015 - una tutela indennitaria, compensativa del danno subito dal lavoratore, ma non più la tutela reintegratoria nel posto di lavoro, in simmetria con l’ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Infatti, la legge di delega (n. 183/2014) ha escluso, per i “licenziamenti economici” di lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti (quindi a partire dal 7 marzo 2015), la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, e ha previsto un indennizzo economico, limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato.
La Corte costituzionale ha ritenuto che il riferimento ai “licenziamenti economici” riguardi sia quelli individuali per giustificato motivo oggettivo (GMO), sia quelli collettivi con riduzione di personale per “ragioni di impresa” e quindi, come tali, economici; quindi, ha escluso che ci sia stata la violazione dei criteri direttivi della legge di delega, come sostenuto dalla Corte d’appello di Napoli.
Inoltre, la Corte costituzionale ha ritenuto infondata anche la censura di violazione del principio di eguaglianza, sollevata dalla Corte d’appello di Napoli, in merito alla differente tutela accordata ai lavoratori assunti entro il 6 marzo 2015, che conservano la più favorevole disciplina precedente (e quindi la reintegrazione nel posto di lavoro), e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, ai quali si applica la nuova disciplina del Jobs Act.
Sul punto, la Corte costituzionale, rifacendosi a precedenti proprie decisioni, ha affermato che la norma non contrasta con il principio di uguaglianza tra i cittadini, in quanto un trattamento differenziato applicato alla stessa fattispecie, in momenti diversi nel tempo, può trovare la propria legittimità in diverse situazioni giuridiche, atteso che, nei limiti della coerenza di sistema e della proporzionalità perseguita, è “possibile applicare un regime sanzionatorio diverso, ove tale diversificazione soddisfi un criterio di razionalità”, che è stato rinvenuto nella norma oggetto di esame.
Infine, la Corte ha ritenuto adeguata la tutela indennitaria. Attualmente al lavoratore assunto a partire dal 7 marzo 2015 illegittimamente licenziato anche all’esito di una procedura di riduzione del personale, spetta un'indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, di importo pari al numero di mensilità, dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, determinata dal giudice in base ai criteri indicati dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 194/2018, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità.