Notiziario delle recenti pronunce di rilievo in materia di diritto del lavoro - 9/2024
Segnaliamo una recente pronuncia in materia di diritto del lavoro, al fine di informare le imprese associate circa gli orientamenti giurisprudenziali e gli esiti delle impugnative, fermo che è sempre attivo il nostro servizio sindacale, telefonico e su appuntamento, a supporto dei datori di lavoro.
Suggerimento n. 489/95 del 31 ottobre 2024
CASSAZIONE CIVILE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA N. 26320 DEL 09.10.2024 - LA RETRIBUZIONE DEL LAVORATORE È RIDUCIBILE NEL SUO INTERESSE SOLO CON UN ACCORDO SIGLATO IN UNA SEDE PROTETTA
Un lavoratore ha stipulato con il proprio datore di lavoro un accordo per la gestione di una situazione di difficoltà economica in cui versava quest’ultimo, avente ad oggetto la riduzione della retribuzione sotto i minimi complessivi previsti dal CCNL applicato al proprio rapporto di lavoro con il mantenimento delle medesime mansioni.
Il lavoratore, rassegnate le dimissioni per giusta causa - per quanto qui di interesse - ha impugnato il menzionato accordo ritenendolo nullo in quanto non formalizzato in una sede protetta ai sensi dell’art. 2103 c.c.
In primo grado, con sentenza, il Tribunale di Lecco ha rigettato la domanda del lavoratore volta ad ottenere la declaratoria di nullità del menzionato accordo, sostenendo che in assenza del mutamento di mansioni l’accordo di riduzione della retribuzione non necessita di formalizzazione in sede protetta.
Avverso tale pronuncia il lavoratore ha proposto ricorso innanzi alla Corte d’Appello di Milano che, riformando la pronuncia di primo grado, ha dichiarato con sentenza la nullità dell’accordo in quanto formalizzato in violazione delle norme imperative stabilite dall’art. 2103 c.c. che, per le ipotesi di riduzione della retribuzione, richiede la sede protetta.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, il datore di lavoro ha proposto ricorso per cassazione lamentando, tra i motivi, l’errata dichiarazione di nullità dell'accordo, trattandosi “di una riduzione della retribuzione consensuale […]”.
La Suprema Corte, condividendo l’interpretazione sistematica seguita dai Giudici di secondo grado, ha rigettato il ricorso del datore di lavoro e, sul punto, ha rilevato che:
- il principio di irriducibilità della retribuzione implica, da un lato, che la retribuzione concordata al momento dell’assunzione non è riducibile neppure a seguito di accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore e, dall’altro, che ogni patto contrario a ciò è nullo;
- l’eccezione a tale principio generale è rappresentata dall’ipotesi dettata dal comma 6 dell’art. 2103 c.c. (modificato dall’art. 3 lgs. n. 81/2015) che dispone che “nelle sedi di cui all’articolo 2113, 4° comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro […] ogni patto contrario è nullo”.
Pertanto, “se la retribuzione è irriducibile, salvo accordo in sede protetta e a determinate condizioni in caso di mutamento di mansioni, a maggior ragione la retribuzione è irriducibile se neppure un mutamento di mansioni ricorra, comunque al di fuori della sede protetta”.
Viene, quindi, confermato il principio per cui la disciplina di cui all’art. 2103 c.c. ricomprende tutte le ipotesi di accordo per la riduzione della retribuzione.
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