Materiali di riporto - importanti chiarimenti del Consiglio SNPA

Il Consiglio del Sistema Nazionale Protezione Ambientale SNPA (ISPRA + ARPA), con la delibera n. 54 del 09/05/2019, ha fornito importanti chiarimenti in merito alla gestione delle matrici materiali di riporto rinvenute negli scavi.

Suggerimento n. 333/87 del 3 luglio 2019


Precedenti comunicazioni in materia

Suggerimenti n. 314/2019 e n. 43/2018

 

Informiamo le imprese associate che il Consiglio del SNPA Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (ISPRA + ARPA), con delibera n. 54 del 09/05/2019 (vedi allegato) ha fornito importanti chiarimenti in merito alla gestione delle matrici materiali di riporto rinvenute negli scavi.

Nel dettaglio segnaliamo che:

- è stato predisposto un apposito schema decisionale per la valutazione delle matrici materiali di riporto assimilate al suolo ai fini dell’esclusione delle medesime dall’ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti (vedi pag. 41 della citata delibera);

- è stato predisposto il capitolo 7 ad hoc per le “matrici materiali di riporto” che regolamenta diverse e importanti condizioni da verificare nell’ambito della gestione delle citate matrici ambientali (vedi pag. 39 e successive).

Detto capitolo è così suddiviso:

7.1 Premessa;

7.2 Valutazione delle matrici materiali di riporto ai fini dell’esclusione del suolo dall’ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti;

7.3 Valutazione delle matrici materiali di riporto ai fini della qualifica delle medesime nell’ambito dei sottoprodotti;

7.4 Indicazioni applicative sulla metodologia di cui all’Allegato 10 per la determinazione del 20% e della frazione sulla quale deve essere eseguito il test di cessione.

- è stato fornito un importante chiarimento, che attendavamo da diversi anni. Premesso che, ai sensi dall’art. 3 della legge 24 marzo 2012 n. 28, di conversione del D.L. 25 gennaio 2012 n. 2, i materiali di riporto non conformi al test di cessione (cioè che non siano risultati conformi alle CSC per le acque sotterranee secondo la Tabella 2 Allegato 5 al Titolo V della parte IV del D. Lgs. 23 aprile 2006, n. 152) sono fonte di contaminazione e pertanto devono essere sottoposti ai seguenti interventi (alternativamente e non cumulativamente):

1) rimossi;

2) sottoposti a messa in sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l'area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute;

3) resi conformi ai limiti del test di cessione tramite operazioni di trattamento che  rimuovano i contaminanti.

In merito alla rimozione di cui al punto 1), la circolare n. 15786 del 10/11/2017 del Ministero dell’Ambiente ha precisato che, nei casi di utilizzo in sito dei materiali di riporto, si deve procedere alla eliminazione di tale fonte di contaminazione e non dell’intera matrice materiale di riporto prima di poter riutilizzare in sito il materiale di riporto stesso.

Il Consiglio del SNPA (ISPRA + ARPA) ha chiarito definitivamente che, nel caso di cui ai punti 1) e 2), ovvero la rimozione delle matrici materiali di riporto oppure la messa in sicurezza permanente delle matrici materiali di riporto, si deve applicare la normativa sulle bonifiche ed in particolare l’art. 240 del D.Lgs n. 152/2006, c.1 lettere o) e p). Diversamente, nel caso in cui le matrici materiali di riporto siano sottoposte al trattamento per renderle conformi al test di cessione, si deve applicare la normativa relativa ai rifiuti.

 

MATRICI MATERIALI DI RIPORTO CONFORMI AL TEST DI CESSIONE ACQUE

Nei casi in cui le matrici materiali di riporto presenti negli scavi dovessero risultare conformi al test di cessione acque, ma non conformi alle CSC (con riferimento alle colonne A e B in funzione della destinazione d’uso del sito), le medesime si configurano come suoli potenzialmente contaminati e pertanto anche in questo caso si deve applicare la disciplina della bonifica dei siti di cui alla Parte IV Titolo V del D. Lgs. 152/06.

Diversamente, nei casi in cui le matrici materiali di riporto presenti negli scavi dovessero risultare conformi sia al test di cessione acque sia alle CSC (con riferimento alle colonne A e B in funzione della destinazione d’uso del sito) o ai VFN (Valori di Fondo Naturale), le medesime si configurano come suoli non contaminati.

Vi ricordiamo che le condizioni di assimilazione delle matrici materiali di riporto al suolo, ai sensi dell’art. 3, comma 2 della legge 24 marzo 2012 n. 28, di conversione del D.L. 25 gennaio 2012 n. 2, devono essere soddisfatte nelle condizioni originarie, allo stato naturale.

Nell’ambito dei suoli non contaminati vi ricordiamo:

a) l’art. 4 del DPR n. 120/2017, che regolamenta i criteri per considerare e utilizzare (fuori situ) le terre e rocce da scavo come sottoprodotti, prevede al comma 3 che, nei casi in cui le terre e rocce da scavo contengano materiali di riporto, la componente di materiali di origine antropica frammisti ai materiali di origine naturale non  può  superare  la  quantità  massima  del  20%  in  peso,  da  quantificarsi  secondo  la metodologia di cui all’allegato 10 del citato D.P.R.;

b) l’Allegato 10 del P.R. n. 120/2017 (quantificazione dei materiali di origine antropica presenti nel riporto) laddove dispone che i campioni andranno formati in campo “tal quali”, senza procedere allo scarto in campo della frazione maggiore di 2 cm (cfr. paragrafo 3.3). Restano invariate le modalità per la caratterizzazione chimico-fisica e l’accertamento della qualità ambientale di cui all’art. 4, comma 3 del DPR 120/17;

c) la determinazione del parametro amianto è sempre necessaria nel caso di presenza di materiali di riporto o per scavi eseguiti in vicinanza a strutture in cui sono presenti materiali contenenti amianto, oppure nel caso di materiali con presenza di amianto naturale (rocce ofiolitiche e loro prodotti di detrizione);

d) l’art. 185 del D. Lgs. 152/2006 laddove dispone che se le matrici materiali di riporto rispettano la definizione di “suolo” dell’art. 3 , comma 1 del D.L. 2/2012 e sono altresì conformi sia al test di cessione acque sotterranee sia alle CSC/VFN nel suolo e nel sottosuolo, non necessitano di interventi e possono essere riutilizzate tal quali (in situ) come non rifiuto e senza il limite del 20%.

 

UTILIZZO DI MATERIALI RICICLATI PROVENIENTI DA RIFIUTI DI DEMOLIZIONE

Infine, la citata delibera n. 54 del 09/05/2019 del Consiglio del Sistema Nazionale Protezione Ambientale SNPA (ISPRA + ARPA) ha chiarito che l’utilizzo in edilizia di materie prime seconde o di materiali riciclati (provenienti in origine da rifiuti di demolizione) per eseguire riempimenti, sottofondi stradali, qualora rinvenuti interrati dopo il loro impiego, non integrano la fattispecie di discarica abusiva nei casi in cui il proponente possa attestare, con idonea documentazione, i titoli autorizzativi per l’abbancamento.

Premesso che le Linee Guida non hanno valore di legge ma solo orientativo, è importante comunque tenere conto che il documento è stato predisposto dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente con l’obiettivo di produrre manualistica per migliorare l’azione dei controlli attraverso interventi ispettivi sempre più qualificati, omogenei e integrati.

In particolare, la realizzazione di manuali e linee guida è finalizzata ad assicurare l’armonizzazione, l’efficacia, l’efficienza e l’omogeneità dei sistemi di controllo e della loro gestione nel territorio nazionale, nonché il continuo aggiornamento, in coerenza con il quadro normativo nazionale e sovranazionale, delle modalità operative del Sistema nazionale e delle attività degli altri soggetti tecnici operanti nella materia ambientale.