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AMBIENTE

La Sostenibilità come nuovo modello di sviluppo: un cambiamento necessario

Albert Einstein sosteneva che "Non possiamo risolvere i problemi usando la stessa mentalità che li ha generati." Questa frase riassume bene la fase storica che stiamo vivendo, caratterizzata dal processo di transizione da un modello socio economico che ha prodotto crescita, ma anche ingenti danni su persone e ambiente, verso un modello sostenibile di sviluppo.

La Sostenibilità richiede di ripensare i driver dello sviluppo umano, non limitandosi più a massimizzare il solo risultato economico nel breve periodo, ma adottando un approccio più lungimirante, che metta al centro l’interconnessione tra le tre dimensioni - economica, sociale e ambientale – e produca impatti positivi sulle stake - diritti e bisogni - degli interlocutori diretti e indiretti, in un orizzonte di medio-lungo termine.

Questo nuovo paradigma implica un cambiamento profondo nella mentalità aziendale, che deve abbracciare:
- Integrated Thinking per governare la complessità del contesto attuale
- Misurazione dei cambiamenti in chiave ESG (ambientale, sociale e di governance)
- Forward looking, un approccio che guardi al futuro e alle opportunità che una strategia sostenibile può portare.

L’azione normativa europea ha dato un impulso decisivo al processo di transizione, rendendo nei fatti la Sostenibilità obbligatoria. Tuttavia, il complesso quadro normativo definito dalle Direttive e dai Regolamenti UE ha prodotto un aumento degli obblighi e, di conseguenza, dei costi per le imprese, sollevando qualche perplessità sui reali benefici che derivano dall’integrazione dei fattori ESG nel business.

Dunque, Sostenibilità: costo o opportunità? Provando a ribaltare la logica, proponiamo una riflessione sui costi di non essere sostenibili.
 
Aumento del costo del capitale
Le aziende che non intraprendono un percorso serio e credibile di integrazione dei fattori ESG nelle proprie strategie, policy e operation possono perdere la possibilità di accedere a fondi e finanziamenti e si trovano a fare i conti con condizioni di accesso al credito più sfavorevoli e costi assicurativi più elevati. Con il «Piano d'azione per finanziare la crescita sostenibile», la Commissione Europea ha, infatti, introdotto importanti misure per riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili e promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie. Questo vale sia per gli investimenti privati, che - naturalmente - per quelli pubblici. Regione Lombardia, ad esempio, ha già integrato questi fattori nelle misure di finanziamento per le imprese, mettendo in evidenza come l’attenzione alle performance ESG sia ormai centrale.
 
Perdita di competitività e quote di mercato
Le imprese che non sono in grado di garantire rating ESG adeguati rischiano di non poter più lavorare all’interno di filiere guidate da grandi imprese che ricadono nel perimetro di applicazione delle norme europee. La più recente Direttiva sulla Due Diligence, che impone alle imprese di garantire il rispetto dei diritti umani e degli obblighi in materia ambientale con riferimento non solo alle attività dell’impresa, ma all’intera catena del valore, definendo precise responsabilità, aumenterà ulteriormente la pressione su tutte le imprese, a prescindere dalla dimensione dell’azienda.

In più, le imprese non sostenibili rischiano di perdere quote di mercato, in quanto non riescono a rispondere alle aspettative e alle esigenze di cittadini e consumatori sempre più critici e attenti, che oggi hanno ancora più potere grazie alla comunicazione social.

Difficoltà nell'attrarre e mantenere talenti
Un altro costo riguarda le risorse umane. Le imprese che non dimostrano un impegno concreto nella sostenibilità rischiano di perdere la capacità di attrarre e trattenere i talenti, in un momento in cui, per effetto della crisi demografica, le coorti sono sempre più ridotte e la competizione tra imprese è sempre più elevata. La sostenibilità sta trasformando anche il mercato del lavoro. I giovani cercano sempre di più un posto di lavoro in linea con i propri valori, scegliendo aziende attente al benessere dei lavoratori, all’innovazione dei processi e alla riduzione degli impatti ambientali, giocando un ruolo sociale positivo.

Crisi reputazionale
La reputazione è un capitale intangibile, ma è anche uno degli asset fondamentali per la creazione di valore, presente e futuro. Le ricerche dimostrano, infatti, che la reputation determina almeno il 63% del valore di mercato dell’impresa e un’azienda con un posizionamento debole o, peggio ancora, con una reputazione compressa, può vedere il proprio valore di mercato diminuire drasticamente. La reputazione incide anche sulla capacità di mantenere relazioni di lungo periodo con gli stakeholder, provocando un aumento dei costi di transizione quando la fiducia nei confronti dell'azienda si riduce.

Processi decisionali inefficaci
Processi decisionali che non tengono conto dei rischi e delle opportunità del nuovo contesto economico e sociale mettono a rischio la continuità stessa del business. La Sostenibilità porta alla luce elementi prima sottovalutati o che sono presenti, ma solo in modo frammentato, all’interno delle diverse aree aziendali.
La valutazione e la gestione attenta e competente di impatti, rischi e opportunità garantisce un modello di business attuale e durevole. Non a caso in francese Sostenibilità si traduce durabilité.

Dal resto, se passiamo da una logica d’impresa a una sistemica, sappiamo bene che non essere sostenibili comporta dei costi insostenibili non solo per le singole imprese, ma per l’intera comunità umana. Costi in termini di disuguaglianze, cambiamento climatico e perdita di biodiversità per fare alcuni esempi, che abbiamo già sperimentato e che non possiamo più sostenere.

Attraversiamo una fase di passaggio non solo tra due secoli, ma tra due millenni. La storia ci insegna che questi momenti rappresentano delle occasioni uniche di ripensamento e rinnovamento dell'ordine sociale ed economico.

La sostenibilità, dunque, è proprio questo, un investimento - piuttosto che un costo - nel futuro, per realizzare l’unico modello di sviluppo possibile per produrre un progredior, un effettivo miglioramento del benessere nostro, delle future generazioni e dell’ambiente da cui tutti noi dipendiamo.
 
Una straordinaria opportunità per costruire - grazie all’azione sinergica di imprese, istituzioni e società civile, nelle sue diverse forme organizzate fino ai singoli cittadini - quella visione comune tracciata dai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 ONU.


Autori: Cristiana Rogate – Presidente Refe
 

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