lo scorso 13 febbraio si è tenuto il secondo dei cinque incontri dell’iniziativa ANChE Donna, dal titolo “Cambiamenti ed evoluzione del settore delle costruzioni e nuove competenze”, presso la sede di ANCE Pavia. L’evento ha prodotto un confronto ricco e stimolante sul ruolo delle donne e dei giovani, su come le loro competenze possono diventare leve strategiche per l’innovazione e la competitività nel settore delle costruzioni.
Una parola chiave emersa dall’incontro è stata consapevolezza, sulla quale è necessario che le donne lavorino affinché emergano i propri punti di forza, rendendosi conto che nessun lavoro né obiettivo è irraggiungibile.
Eppure, ancora molta è la strada da percorrere, a tutti i livelli: secondo un’indagine di Federcostruzioni, le donne rappresentano circa il 12% della forza lavoro di tutta la filiera e solo il 7% delle costruzioni in senso stretto.
Un problema non circoscritto solamente al settore edile: l’Italia ha il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa: 53,6% contro la media UE del 66,5%.
Ora che ci avviciniamo a grandi passi alla Giornata internazionale dei diritti delle donne, va ricordato che prima di tutto lavorare è un diritto e che l’assenza di lavoro genera sottomissione e subordinamento.
In un momento così complesso per la carenza di lavoratori e la difficoltà nel disporre di competenze adeguate alle innovazioni del mercato, rinunciare al valore dell’apporto femminile è una perdita di competitività per tutto il nostro sistema economico.
Un dato sconcertante che arriva dall’audizione parlamentare di Confindustria è che nel 2023, il 40,2% delle donne che ha iniziato un percorso presso i centri antiviolenza ha dichiarato di aver subito, tra le varie violenze, anche quella economica. Il 44,1% ha dichiarato di non essere indipendente economicamente: è dunque fondamentale agire per accrescere il tasso di occupazione femminile, con attenzione alle necessità espresse dal mondo produttivo e con il pieno coinvolgimento dell’universo scolastico e universitario, contrastando gli stereotipi di genere, adottando misure di empowerment per superare ogni forma di assoggettamento, soprattutto con riferimento alle materie STEM.
In questi ultimi anni, le discipline STEM hanno assunto sempre maggiore importanza per il loro ruolo cruciale nella società odierna. Tuttavia, in Italia c’è una frammentazione del sapere con una netta distanza tra le materie scientifiche e umanistiche, che si traduce in una bassa percentuale di laureati e laureate nelle materie STEM e in un forte aumento della disparità di genere a causa degli stereotipi sociali. Bambine e ragazze sono significativamente sottorappresentate e lo scoraggiamento del loro interesse nei confronti di queste discipline si trasforma in mancanza di opportunità di lavoro e di vita.
Nel nostro Paese, le donne rappresentano circa il 39% dei laureati in discipline STEM, percentuale che si abbassa al 25% se si considerano l’informatica e l’ingegneria. Il gender pay gap in questi settori è del 20%. Secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio STEM e la Fondazione Deloitte, 7 studenti su 10 confermano che in Italia gli stereotipi di genere ostacolano o limitano la partecipazione delle donne a questi corsi di studio.
Considerando invece il punto di vista delle imprese, anche loro individuano un forte tema culturale alla radice della limitata partecipazione delle donne ai percorsi di studio e carriere in ambito STEM. In altre parole, esistono dei preconcetti secondo cui le aree tecnico-scientifiche non sono considerate materie per donne, cui si somma la tendenza a indirizzare le donne verso percorsi di studio non-STEM.
Eppure, sempre secondo lo stesso studio, nell’ultimo decennio le donne iscritte a queste discipline hanno ottenuto un voto di laurea più alto e hanno una migliore riuscita in termini di regolarità degli studi.
La persistenza di barriere di genere comporta la perdita di un’opportunità per il progresso sociale e per la crescita economica di tutto il sistema Paese. Nei prossimi anni, si prevede infatti una notevole carenza di offerta di lavoratori, che comprende anche le categorie di ingegneria, architettura e urbanistica: a fronte di un fabbisogno annuo di 115.000 unità, si prevedono solo 100.000 neolaureati disponibili. Le competenze richieste nel nostro settore, per fare degli esempi, spaziano da quelle tecnologiche e digitali (BIM, IA, machine learning, stampa 3D) a quelle legate alla sostenibilità (certificazioni, gestione dei rifiuti, efficientamento energetico) per arrivare alla sicurezza (cyber-security, wearable tech, IoT) e alle soft skill (project management, comunicazione e collaborazione).
È dunque necessario invertire la rotta e mettere a frutto il grande potenziale delle competenze STEM, intervenendo su diverse leve di azione: universalizzare queste discipline, favorendone l’avvicinamento fin dall’infanzia; abbattere le barriere di genere per garantire un accesso equo all’educazione; e, infine, educare e aggiornare le competenze dei lavoratori attraverso la formazione continua.