INTERVISTA A ERMETE REALACCI, PRESIDENTE DI FONDAZIONE SYMBOLA
Lo scorso 25 marzo è stato presentato a Milano il Rapporto “Il valore dell’abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano”, promosso da Assimpredil Ance, Fondazione Symbola, CRESME e European Climate Foundation. Di cosa si tratta? Qual è il focus del report?
La Direttiva UE sulle “Case Green”, recentemente approvata dal Parlamento Europeo, chiede agli Stati membri una riduzione del consumo medio di energia del patrimonio edilizio del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Una norma coerente con la scelta dell’Europa di puntare sulla sostenibilità e sulla riduzione della dipendenza energetica per affrontare le sfide del futuro, che impone però agli Stati una decisa accelerazione. La decarbonizzazione del patrimonio edilizio sarà una delle grandi sfide dei prossimi anni. Un percorso complesso che richiede soluzioni e strumenti innovativi, concretezza e fattibilità, conoscenza e competenza. La direttiva europea impone quindi una sfida importante, che deve rappresentare per il Paese non una spada di Damocle, ma un’occasione per creare lavoro, sviluppare nuove competenze e dare nuovo impulso alla filiera dell’edilizia. Tutto in un’ottica green, sostenibile, amica dell’ambiente ma anche dell’economia. Perché, come scritto nel Manifesto di Assisi, affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia più a misura d’uomo e per questo più forte e più capace di futuro.
Il nostro lavoro parte da qui, dalla necessità di aprire una riflessione sulle possibili linee di intervento per l’attuazione in Italia della nuova direttiva e sulle opportunità di medio-lungo periodo in un settore strategico per tutto il sistema Paese. Si tratta quindi di uno studio per misurare dimensione e consistenza degli investimenti di riqualificazione energetica del nostro patrimonio edilizio, con un’analisi dettagliata delle politiche e strategie messe in atto in altri Paesi UE e alcune proposte su cui è necessario aprire un confronto con tutti gli attori in campo. Dare risposte in questo senso vuol dire agire su tre fronti: migliorare allo stesso tempo efficienza energetica, valore del patrimonio edilizio italiano, competitività della nostra filiera delle costruzioni (quindi lavoro, occupazione, valore aggiunto). E ne aggiungerei un quarto: bollette meno care per famiglie e imprese. Nel dettaglio, far salire di due classi energetiche il patrimonio edilizio residenziale consentirebbe un taglio del 40% sulla bolletta, pari a un risparmio medio annuo di 1.067 euro, stando ai costi del 2022. E allo stesso tempo un deciso incremento del valore delle abitazioni: una casa ristrutturata, come evidenzia la ricerca, vale infatti mediamente il 44% in più di una casa da ristrutturare, incremento che arriva al 50% fuori dalle aree metropolitane in luoghi non turistici.
Perché è così importante parlare di edilizia nel nostro Paese?
La centralità del tema casa e delle politiche abitative nel nostro Paese viene dal fatto che siamo primi in Europa per numero di abitazioni pro-capite: 12.539.173 edifici residenziali e 32.302.242 abitazioni, di cui il 78% circa occupato da famiglie residenti. Stando ai dati ISTAT, in Italia risultano 599 abitazioni ogni 1000 abitanti contro una media europea di 506. Un primato ma anche un’urgenza, alla luce della graduale perdita di valore dello stock edilizio (specialmente nelle aree periferiche) dovuta al fatto che il 72% degli edifici ha più di 40 anni ed è stato costruito prima della legge n. 373/76 sull’efficienza energetica e che il 68% delle abitazioni hanno una classe energetica compresa tra E e G.
La centralità del tema viene anche dall’importanza fondamentale che il settore dell’edilizia ricopre nel sistema economico italiano. Per esempio, l’aumento significativo degli investimenti, attivati dagli incentivi fiscali del triennio 2020-2022, ha di fatto determinato una forte crescita occupazionale nell’edilizia. Solo contando i lavori di riqualificazione energetica, abbiamo più di 1 milione di nuovi occupati e nuove figure professionali nella filiera. E quella delle costruzioni è una filiera “lunga”, un settore enorme e molto articolato che coinvolge numerosi soggetti. Basti pensare ai vari servizi progettuali, come gli studi di architettura o di ingegneria; ai produttori dei materiali; alla commercializzazione; al vasto insieme degli intermediari, come mediazione immobiliare, amministratori di condomini, studi notarili; alle macchine e attrezzature per lavori di manutenzione; ai servizi integrati di gestione e cura degli edifici. Una filiera che conta nel complesso più di 1 milione di imprese e oltre 2,6 milioni di addetti, che corrispondono al 24% e 15% del sistema produttivo italiano.
Parliamo degli strumenti in campo. Come giudica il Superbonus e gli incentivi fiscali per la riqualificazione edilizia?
Il Superbonus 110% si è rivelato uno strumento giusto, ma fatto male. Una misura che ha portato benefici, ma anche alcuni problemi, quindi va migliorato. Per farlo è necessario però rivedere tutto il sistema degli incentivi, per capire fino in fondo quello che è accaduto e i gravi errori commessi.
Il Rapporto si è concentrato anche su questo aspetto, presentando una disamina dettagliata degli incentivi per la riqualificazione energetica ed edilizia, in modo da coglierne limiti ed effetti positivi. Una storia lunga, che inizia nel 1998 con un incentivo del 41%. Poi varie modifiche. Nel 2013 gli incentivi per il recupero edilizio passano dal 36% al 50% e gli interventi per riqualificazione energetica salgono al 65%, più avanti anche al 75-85% per gli interventi di riduzione del rischio sismico. L’arrivo del Superbonus 110% e del 90% per la riqualificazione delle facciate nel 2020 disegna un nuovo livello di investimenti incentivati: nel 2021 i lavori salgono da 28 a 67 miliardi di euro, nel 2022 a 94, nel 2023 a 83, con un evidente, eccezionale, salto di scala rispetto al passato. Chi voleva intervenire poteva contare su un ampio quadro di dispositivi incentivanti (Bonus Casa, Ecobonus, Sismabonus, Bonus Facciate, Super Sismabonus e Super Ecobonus), sullo sconto in fattura e sulla cessione del credito. Una quantità di risorse eccezionali, con il difetto di un tempo di attuazione molto stretto che ha inciso nel rapporto tra domanda e offerta. “Troppo per troppo poco tempo” potrebbe essere la critica al 110% e al 90%, il cui effetto positivo è stato in parte vanificato dall’aumento dei prezzi derivato dalla crisi della filiera mondiale, dallo squilibrio interno fra domanda (pressante) e offerta (limitata) e dalla componente speculativa che ha di fatto raddoppiato i costi. Valutando l’impatto del Superbonus sui conti dello Stato, i risultati della nostra analisi determinano un saldo netto negativo complessivo di 59 miliardi di euro. Un valore importante, ma molto inferiore a quello dei 103 miliardi portati in detrazione.
Di certo si può dire che gli incentivi hanno fatto crescere gli interventi per l’efficientamento energetico. Rispetto al triennio 2018-2020, nel triennio 2021-2023 gli interventi in riqualificazione energetica sono cresciuti del 77%, passando da 2,9 a 5,2 milioni, gli investimenti sono passati da 43 miliardi a 152 (+277%), mentre il risparmio energetico è cresciuto del 349%. La maxi detrazione ha inoltre spinto il fotovoltaico, settore in cui l’Italia sconta un ritardo rispetto ai Paesi europei più avanzati. Per esempio l’Olanda ha installato 4 volte il fotovoltaico italiano, nonostante sia più piccola di Sicilia e Calabria e nonostante abbia molto meno sole di Sicilia e Calabria. 1,6 GW di installazioni nel 2022, che diventano 2,2 GW nell’intera vigenza del Superbonus. Ancora poco ma è un passo in avanti. Infine uno sguardo al PIL: nel 2022 gli incentivi per la riqualificazione energetica hanno contribuito per il 25,8% alla crescita del Prodotto Interno Lordo italiano. Numeri sicuramente non trascurabili.
Si stima infatti che ogni miliardo di euro di investimenti in costruzioni produce un valore aggiunto di un miliardo e 100 milioni e un effetto diretto e indiretto sull’occupazione di oltre 15mila nuovi occupati. In questo senso, gli obiettivi della direttiva UE costituiscono uno stimolo importante per lo sviluppo della filiera delle costruzioni, la diffusione di soluzioni impiantistiche come le pompe di calore elettriche anche in abbinamento con geotermico e fotovoltaico. L’elettrificazione dei consumi favorirà il processo di crescita delle comunità energetiche e la creazione di figure professionali necessarie all’industria edilizia e dell’efficienza energetica. Contestualmente, tale strategia potrà porre un freno alla perdita di valore del patrimonio edilizio, che in Italia corre più di altri Paesi erodendo ricchezza alle famiglie e renderà più sicure ed eque le nostre città. Certo, per portare le 21,4 milioni di abitazioni residenziali occupate almeno ad un salto di due classi energetiche servirebbero, considerando un incentivo che potrebbe attestarsi attorno al 70% dell’intervento, almeno 910 miliardi, di cui 338 rientrerebbero allo Stato.
Il punto è far capire che non si tratta di un costo per il sistema, una spesa fine a se stessa, ma di un investimento sul futuro.