Visita il Sito Web »
PROTAGONISTI

INTERVISTA A VIRGINIO TRIVELLA, CONSIGLIERE DELEGATO EFFICIENZA ENERGETICA ASSIMPREDIL ANCE

MISURE DI ACCOMPAGNAMENTO DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA DELL'EDILIZIA: PROPOSTE PER UNO SCHEMA METODOLOGICO


Qual è il miglior sistema per accompagnare la transizione energetica?

Non c’è una risposta univoca. Le variabili sono tante e come sanno bene i matematici non è facile trovare la soluzione ottimale di un sistema con molte variabili.
Tuttavia, vista la posta e i costi in gioco, nonostante le difficoltà non è opportuno affidarsi al caso o alle sensazioni, ma è necessario cercare di ricondurre il dibattito sulle misure di stimolo su un piano razionale.
La transizione energetica, che è parte di quella ecologica, è un’azione collettiva di lungo periodo che richiede l’impegno di ingenti risorse economiche e deve essere considerata alla stregua di un investimento, e non solo un costo.
Gli incentivi fiscali, e tra questi le misure finalizzate a stimolare l’efficientamento energetico degli edifici, devono essere valutati come si valutano gli investimenti, considerando costi e benefici, fiscali e di altro tipo, incluse le esternalità positive non direttamente quantificabili che, se ritenute di interesse collettivo, devono essere incluse nella valutazione politica delle misure di politica economica.
Per fare degli esempi: quanto vale la sovranità energetica del Paese? Oppure, la salubrità dell’aria delle regioni padane deve ripagarsi con l’ecobonus? E nessuno si sognerebbe di dire che l’istruzione o la sanità si devono ripagare da sole.

Davvero è venuto il momento di voltare pagina. Non si vorrebbe più sentir parlare di buchi e di voragini.
Anche perché oggi finalmente disponiamo delle conclusioni dell’Indagine parlamentare conoscitiva sugli effetti macroeconomici degli incentivi fiscali in materia edilizia e sappiamo, per esempio: - che, pur nella severità di giudizio rispetto ad alcune impreviste conseguenze dell’adozione massiva del Superbonus, la Banca d’Italia “ha evidenziato come si possa stimare che il costo netto per le finanze pubbliche delle agevolazioni introdotte nel 2020 sia comunque di circa la metà del loro valore”
- e che l’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha rilevato che i meccanismi alternativi alla fruizione diretta delle detrazioni fiscali (il da molti vituperato “sconto in fattura”) “hanno favorito l’accesso al superbonus di beneficiari a basso reddito, spesso privi della necessaria capienza fiscale e con maggiori difficoltà di accesso al credito, favorendo quindi una più equilibrata distribuzione delle risorse”
- e che la relazione conclusiva dell’Indagine auspica che siano compiute “scelte che assicurino ai cittadini e agli operatori economici un orizzonte di riferimento sufficientemente stabile nel medio periodo e che introducano pertanto regimi agevolativi che possano essere mantenuti nel tempo, al fine di supportare gli obiettivi specifici che essi intendono perseguire”.

Il sistema degli incentivi è a un punto di svolta. Alla fine del 2024 scadranno tutte le misure “temporanee”, inclusi Ecobonus e Sismabonus, con poche eccezioni che termineranno un anno dopo.
Contestualmente, si recepirà nell’ordinamento nazionale l’aggiornamento della direttiva sulla prestazione degli edifici (EPBD recast 4), con i suoi sfidanti obiettivi faticosamente negoziati dalle diverse sensibilità politiche in seno al Trilogo europeo.
È evidente che le due cose sono incompatibili.
Inoltre, con un cronoprogramma molto articolato, moltissimi aspetti tecnici della normativa devono essere aggiornati: - le definizioni di edificio “a energia quasi zero” e “a emissioni zero”
- i nuovi requisiti minimi prestazionali
- le nuove classi energetiche
- il nuovo sistema di certificazione energetica
- i nuovi livelli ottimali di prestazione in funzione dei costi…

E ce n’è tanti altri.
Parallelamente, deve essere definito il percorso italiano all’efficienza energetica dell’edilizia, con l’aggiornamento del PNIEC e la definizione del Piano Nazionale di Ristrutturazione.
Insomma, c’è il rischio concreto che si blocchi tutto per alcuni anni, in attesa che dal cielo giunga il sistema perfetto.
Potrebbe essere forte la tentazione di consegnare il problema alla prossima legislatura.
Affinché non vada così, occorre cominciare a pensare subito alle misure di accompagnamento che potranno essere attivate fin dal 2025.


Quali caratteristiche dovrebbe avere un buon sistema di incentivazione?

Al di là degli attributi generici, forse un po’ banali, secondo cui l’incentivo ideale deve essere:
- EFFICIENTE, deve conseguire l’obiettivo al minor costo possibile
- SOSTENIBILE per il bilancio pubblico
- STABILE nel tempo e nella propria struttura
- GIUSTO, deve aiutare chi ha meno mezzi
- EFFICACE in relazione al suo obiettivo (perché se non funziona, se non stimola a dovere, non serve)

proviamo a declinare un po’ meglio questi aggettivi.

EFFICIENZA
Cominciamo con l’efficienza, che di solito è intesa come la ricerca del minor costo dell’unità di energia risparmiata.
Ma non è solo questo, perché l’obiettivo non è solo “risparmiare energia”, ma è: - minimizzare l’energia necessaria
- utilizzarla bene
- utilizzare l’energia giusta (rinnovabile e prodotta localmente)
- realizzare l’intervento giusto in funzione delle caratteristiche tecniche dell’edificio e della sua collocazione geografica
- realizzare interventi di qualità durevole
- ottimizzare i costi in relazione alle specifiche esigenze manutentive.
In altri termini non c’è un solo obiettivo, ma esistono diversi obiettivi, alcuni dei quali sono di interesse pubblico. Per esempio: - ridurre l’energia consumata
- ridurre le emissioni locali inquinanti
- ridurre i picchi di consumo estivo di energia elettrica
- diffondere la generazione distribuita di energia rinnovabile
- migliorare la sicurezza statica degli edifici
- migliorare la salubrità degli ambienti.
Dunque (per passare alle proposte pratiche) un sistema efficiente di incentivazione dovrebbe: - stimolare il conseguimento contemporaneo di più obiettivi in diversi ambiti di interesse pubblico, passare da un approccio mono-obiettivo a uno pluri-obiettivo
- canalizzare bene la destinazione delle risorse pubbliche verso le attività meritevoli, in funzione di requisiti tecnici di ingresso rigorosi e ben definiti, stimolando preferenzialmente tipologie e combinazioni di intervento prioritarie;
- separare logicamente la funzione di stimolo degli incentivi (cioè spingere a fare) da quella premiale (cioè dare di più a chi fa meglio)
- adattarsi alle varie zone climatiche del Paese
- favorire la realizzazione di progetti e interventi di qualità, affidati a professionisti e operatori qualificati.
Ciascuno di questi e di altri aspetti dovrebbe essere parte di un futuro schema legislativo o regolamentare.

SOSTENIBILITA’
Per essere sostenibile il sistema deve: - consentire di governare la dimensione delle risorse pubbliche impegnate in modo programmabile, evitando il ripetersi degli aspetti deteriori che hanno accompagnato la stagione che si sta chiudendo, con l’eccessiva concentrazione di interventi in un periodo limitato e la conseguente tendenza inflazionistica, dovuta all’eccessiva pressione della domanda sui sistemi dell’offerta e della finanza (che ora comunque sarebbero più preparati a sostenere la prosecuzione dell’”ondata di ristrutturazioni”)
- è stato sottolineato da alcuni, nell’indagine conoscitiva, che c’è un problema di “peso morto” e di addizionalità delle misure di stimolo, addizionalità che deve essere massimizzata evitando di sovvenzionare troppo i tipi di intervento che si attivano anche senza o con minore stimolo
- ancora, per essere sostenibile il sistema deve sfavorire gli approcci parassitari e speculativi che abbiamo conosciuto negli ultimi anni sotto varie forme, con general contractor estemporanei, intermediazioni non necessarie, restrizioni finanziarie eccessive.

La cura oculata di questi aspetti consente di spendere meglio le risorse pubbliche.

Come?
Intanto, la stabilità del sistema nel lungo periodo permette di evitare i picchi di domanda e le derive inflazionistiche.
Poi, l’oculata calibrazione di requisiti di ingresso e livelli di incentivazione consente di evitare di finanziare interventi non direttamente orientati agli obiettivi di interesse pubblico.
Il livello di ambiziosità degli interventi consente di influenzare la quantità delle operazioni che vengono alla luce e l’entità degli investimenti attivati.
Così come l’intensità dell’incentivo e, di contro, l’impegno residuo dei cittadini, sono elementi potentissimi di regolazione dei flussi.
Naturalmente, e ci tornerò dopo, la regolazione dovrebbe collimare con gli obiettivi.
 
GIUSTIZIA
Si parla di “transizione giusta”. Il rischio di deriva regressiva degli incentivi è stato sottolineato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, dalla Banca d’Italia e da altri, ed è tanto più pressante quanto più impegnativi sono gli investimenti richiesti ai contribuenti.
Per essere giusto il sistema deve risolvere il problema dell’incapienza fiscale, che può essere evitata con la riproposizione selettiva dei meccanismi di trasferimento dei crediti d’imposta, già ampiamente sperimentati.
La definizione di rigorosi criteri di accesso selettivi, a favore di interventi che rispondono all’interesse pubblico, consente di evitare l’eccessivo ricorso all’incentivazione e offre un ulteriore potente strumento di regolazione dei flussi.
Poi è necessario favorire l’accesso al credito da parte dei soggetti in povertà energetica, soprattutto in condominio, in relazione alla quota di investimento non incentivata, attraverso la concessione di una garanzia pubblica a favore dei prestatori, la fissazione di tassi massimi convenzionati, la rivalsa sui soggetti morosi nel limite del risparmio energetico (stimato convenzionalmente).
In tema di prevenzione e contrasto dell’utilizzo distorsivo e fraudolento delle risorse pubbliche, gli strumenti messi a punto negli ultimi anni, basati su un articolato mix di controlli ex ante ed ex post e su un complesso sistema di condivisione delle responsabilità, hanno raggiunto la fase della maturità e possono continuare a essere adottati in relazione a tutti gli interventi incentivati.
Inoltre, favorire la competenza degli operatori è un altro ingrediente che aiuta ad evitare le più gravi distorsioni, che in genere sono poste in essere da soggetti improvvisati e predatori.
 
STABILITA’
Il sistema deve essere stabile. Deve evitare l’incertezza e l’eccessiva instabilità normativa che hanno caratterizzato le vicende degli ultimi anni.
Queste hanno compromesso gravemente la fiducia nell’affidabilità dello Stato, e questo diventa palese quando si chiede ai cittadini di contribuire con risorse proprie significative. È un problema grave che non deve essere sottovalutato.
E poi, naturalmente, se il sistema è funzionale al conseguimento di un obiettivo di lungo periodo, non può che essere impostato anch’esso nel lungo periodo.
Per coniugare stabilità e governabilità del sistema nel lungo periodo, in funzione del raggiungimento degli obiettivi, occorre definire uno schema stabile e duraturo, e regolare periodicamente le principali variabili che influenzano il flusso degli interventi, cioè i requisiti tecnici di ingresso, l’intensità degli incentivi e i requisiti di accesso alla cessione dei crediti d’imposta.
Le modifiche devono essere mai retroattive, valide solo per il futuro e con previsione di un adeguato periodo transitorio.
 
EFFICACIA
Infine, le misure di stimolo devono essere efficaci in funzione del raggiungimento degli obiettivi.
Come prima cosa vorrei dire che bisogna diffidare delle istanze di semplificazione che vengono da varie parti: la semplificazione è un valore, ma non deve scadere nel semplicismo. Il riordino degli incentivi deve mirare a eliminare le complicazioni inutili, ma non può ridurre la complessità che è propria della insopprimibile eterogeneità degli edifici.
Il sistema si deve adattare alla variegata natura del parco immobiliare, che deve essere suddiviso in cluster omogenei, distinguendo l’edilizia residenziale da quella non residenziale, gli edifici singoli da quelli condominiali, la proprietà privata da quella pubblica, gli edifici stabilmente occupati da quelli utilizzati saltuariamente.
Per ciascun cluster posson essere stabiliti incentivi, limiti e obblighi differenziati.
Per esempio:
- l’intensità di incentivazione può essere diversa in ambito residenziale e in ambito commerciale
- limitazioni correlate al reddito dei beneficiari hanno un senso nel caso degli edifici singoli, ma sono impraticabili in caso di condominio (dove, comunque, la limitazione può essere gestita personalmente in via compensativa)
- e ancora, gli obblighi di adeguamento possono avere un senso (in presenza di incentivi adeguati) in ambito pubblico e commerciale, ma non nel cluster residenziale.

È importante poi che, contestualmente alla revisione delle misure di stimolo del rinnovamento edilizio, si compia anche un aggiornamento della normativa che consenta di regolarizzare le situazioni di non conformità urbanistico-edilizia storicizzate e non gravi, specie quelle relative alle parti comuni.
Infine, per essere efficace il sistema deve accompagnare verso l’obiettivo. È il suo ruolo. Se non consente di farlo, lo strumento non è correttamente miscelato.

In conclusione, qual è la combinazione ottimale di tutte queste variabili?

Nessuno lo può sapere a priori, ma questo non impedisce di cercare un buon punto di equilibrio, tenendo in considerazione le cose che sono state illustrate.
Che sia necessario un impegno collettivo è fuori discussione. La dimensione del problema è nota, così come l’ordine di grandezza delle risorse necessarie. Bisogna trovare il modo di allocarle nei modi più coerenti con l’interesse collettivo.
È anche una questione di governance e di flusso di informazioni. Con il Superbonus si è lanciata una macchina potentissima e si è stati a vedere dove andasse a sbattere, per scoprire dopo un po’ che erano state spese alcune decine di miliardi in eccesso. Occorre ribaltare il modo con cui si fanno le cose.
Chi vuole intervenire dovrebbe dichiarare in via anticipata cosa intende fare, quale sia la spesa, in quali tempi, presentare un progetto, definire chi dovrà operare, con quali qualifiche, chi si impegna a finanziare e assorbire i crediti, quali siano le eventuali irregolarità urbanistiche che si intendono sanare…
Stanti i tempi dei processi edilizi, questo consentirebbe di conoscere con uno o due anni di anticipo l’entità delle operazioni che si stanno per attivare, e permetterebbe di regolare periodicamente la velocità del sistema senza ricorrere alle misure impulsive e sconcertanti.
E bisognerebbe superare i controlli esclusivamente a posteriori, in stile caccia alle streghe. Controlli preventivi a campione sui progetti e sugli operatori, e in corso d’opera sugli interventi, farebbero sparire i furbi e gli improvvisati, e ricondurrebbero queste attività all’esclusivo dominio degli operatori professionali.
 
 
Qual è il suo commento sul nuovo DL che pone nuove restrizioni all'esercizio delle cessioni e degli "sconti in fattura"?

Il provvedimento fa sorgere, ancora una volta, molti dubbi sull'opportunità di affrontare in modo così impulsivo il problema del controllo della spesa pubblica. Non si può trascurare infatti che il picco delle spese è ormai alle spalle e, con la riduzione della detrazione dal 110% al 70%, l'appeal dell'incentivo si è drasticamente ridotto. Bastava dunque aspettare per osservare, nei prossimi mesi, un vistoso calo dell'utilizzo dell'incentivo da parte dei condomini.
L'impatto più grave del provvedimento, però, riguarda il Terzo Settore che, in questi anni, ha fruito pochissimo della misura a causa della concentrazione degli operatori su altri tipi di clientela e che, in quest'ultimo periodo, si stava avvicinando alla fase operativa di una serie non trascurabile di interventi. In questo segmento, evidentemente, l'incentivo a copertura dell'investimento e la possibilità di trasferire le detrazioni fiscali sono elementi essenziali per assicurare la fattibilità delle operazioni. L'impossibilità di avviare nuovi interventi con lo "sconto in fattura" decreta la fine di ogni possibilità di migliorare la prestazione energetica di RSA e strutture analoghe, che svolgono una fondamentale attività sussidiaria rispetto a quella dello Stato nei settori dell'assistenza e dei servizi all'utenza più bisognosa. In queste attività i consumi di energia costituiscono una delle principali voci di costo e la loro riduzione dovrebbe essere considerata una priorità nell'allocazione di risorse pubbliche.
In più, non si deve dimenticare che privare in modo così sorprendente il Terzo Settore di un'importante misura di sostegno equivale ad eliminare l'unico stimolo concreto al miglioramento energetico del settore non residenziale che nel PNIEC ha un proprio percorso di riduzione dei consumi distinto da quello del residenziale e che, a differenza di questo, non ha beneficiato dell'impulso fornito negli anni scorsi dal superbonus ed è rimasto sostanzialmente al palo, come periodicamente rammentato dall'ENEA.
E infine, non si può che osservare che questo provvedimento sia in totale contrasto con le indicazioni del PNIEC (messo a punto da questo Governo), che vede nelle detrazioni fiscali lo strumento per realizzare il 45% dell'obiettivo di riduzione dei consumi previsti da tutto il piano. Senza contare che questo ennesimo esempio di esercizio della decretazione d'urgenza in un settore già martoriato dalle modifiche improvvise e retroattive assesta un nuovo colpo alla credibilità delle misure di politica economica a cui gli investimenti privati si dovrebbero affidare.
Non ci resta che confidare che, nell'iter di conversione del decreto, prevalga il buon senso, si ripristini l'incentivazione a favore del Terzo Settore riconoscendo il suo importante ruolo sociale, e si avvii finalmente un serio dibattito sulle future misure di accompagnamento della transizione energetica.

 
 

Leggi le altre notizie »