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FISCALITÀ

FRINGE BENEFIT

La recente Legge di Bilancio ha previsto, limitatamente al periodo di imposta 2024, la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, entro il limite complessivo di euro 1.000, sia dal punto di vista fiscale che contributivo, del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché delle somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della “prima casa”, degli interessi sul mutuo relativo alla “prima casa”.

Tre sono le novità principali della misura rispetto all’anno precedente: l’innalzamento della franchigia di esenzione, in luogo degli ordinari euro 258,23, ad euro 1.000; una diminuzione della stessa da 3.000 euro a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico e la possibilità per il datore di lavoro di erogare direttamente o rimborsare al lavoratore anche le somme destinate all’affitto della prima casa o quelle per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

Al riguardo, non era chiaro cosa si intendesse con riferimento al concetto “prima casa”. Con circolare n. 5/E del 7 marzo 2024 l’Agenzia delle Entrate è intervenuta a chiarire che, in assenza di una precisa definizione della norma, per l’individuazione della nozione “prima casa” si fa rifermento al concetto di “abitazione principale” prevista per l’applicazione delle detrazioni per gli interessi passivi sui mutui e dei canoni di locazione. Pertanto, le spese oggetto della disposizione dovranno riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, nei quali il dipendente o i suoi familiari dimorino abitualmente, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese.

Inoltre, qualora parte contrattuale sia il coniuge o altro familiare, saranno rimborsabili, sia le spese sostenute per un contratto di affitto sia quelle relative agli interessi sul mutuo a condizione che l’immobile locato o su cui grava il mutuo costituisca l’abitazione principale del lavoratore. Con riguardo alla locuzione “spese per l’affitto” si deve fare riferimento al canone risultante dal contratto di locazione registrato e pagato nell’anno.

Resta fermo che, in relazione alle spese rimborsate, il contribuente non potrà beneficiare delle ulteriori agevolazioni previste per le medesime spese, quali ad esempio la detrazione prevista, per l’abitazione principale, degli interessi passivi per mutui o canoni di locazione in quanto, queste ultime, poiché sono oggetto di rimborso, non possono essere considerate effettivamente sostenute.

Il datore di lavoro è tenuto ad acquisire e conservare la documentazione che giustifica le somme spese o rimborsate. In alternativa, è possibile acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata dal lavoratore che attesti il ricorrere, in capo al medesimo dichiarante, dei presupposti previsti dalla norma, precisando che le somme non sono già state oggetto di richiesta di rimborso, totale o parziale, non solo presso il medesimo datore di lavoro, ma anche presso altri.

L’Amministrazione finanziaria ha inoltre ricordato che la legge ha previsto l’obbligo in capo ai datori di lavoro di una previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti. Il beneficio potrà essere riconosciuto dal sostituto di imposta anche prima che si provveda alla suddetta informativa, a condizione che la stessa avvenga entro la chiusura del periodo di imposta di riferimento.


Raffaella Scurati e Anna Giacomoni – Assimpredil Ance

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