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PROTAGONISTI

INTERVISTA A MICHELE CALLERI, PRESIDENTE TRANSPARENCY INTERNATIONAL ITALIA


Il 20 febbraio scorso Transparency International Italia ha promosso con Assimpredil Ance il “Compliance Day”. Ci racconta obiettivi e attività dell’organizzazione che presiede?

Transparency international è la nota ONG (organizzazione non governativa) che ha come scopo quello di sensibilizzare e coinvolgere la società civile contro la corruzione. È presente in Italia dal 1996 ed analizza periodicamente, attraverso una elaborazione dei principali indici internazionali e dei sondaggi specialistici, il livello di corruzione percepito in ciascuno dei principali paesi (CPI – Corruption Perception Index).

Circa 20 anni fa, Transparency International Italia ha proposto alle principali amministrazioni pubbliche di inserire, nei contratti di appalto che andavano a sottoscrivere con i propri fornitori, delle particolari clausole (c.d. patti di integrità), finalizzate a preservarli da possibili atti di corruzione compiuti dai loro soggetti apicali. La cultura della integrità e della trasparenza si è così propagata nel tempo, per questo abbiamo ritenuto importante presenziare al “Compliance Day”, dedicato ad una nuova funzione professionale che continuerà a crescere, per numero degli addetti ed importanza delle funzioni, nel prossimo futuro.  

L’obiettivo che questa nuova presidenza di Transparency International si propone non si focalizza sul comportamento dei singoli che sono coinvolti in attività irregolari. Questo è infatti compito della magistratura. Riteniamo utile invece studiare le norme che già ci sono e che gli operatori conoscono bene o quelle che il Governo via via introduce per semplificare e accelerare la realizzazione delle opere, sia nel pubblico che nell’ambito della collaborazione con il soggetto privato.


Il PNRR quale ruolo gioca, in questo contesto?

Il PNRR ha capovolto il sistema burocratico e i rapporti fra i vari operatori del settore. Le scelte che fino a ieri calavano dall’alto secondo imperscrutabili piani d’area – spesso a direzione non facilmente identificabile – ora nascono dai piani delle amministrazioni locali, direttamente coinvolte nei progetti finanziabili.

Il PNRR favorisce iniziative volte a creare posti di lavoro e crescita, secondo le allocazioni definite dagli Enti locali periferici. Le Regioni valutano i progetti e le domande, finanziando quelle che raggiungano almeno 60 punti di merito. Un contributo pari all’80 % costituirà una forma di cofinanziamento, mentre il contributo è portato al 100% se il bene da recuperare è oggetto di dichiarazione di interesse culturale

A fronte di questa storica innovazione, sta una burocrazia che è nata sotto il governo sabaudo e poggia sulle colonne dei Ministeri. Gli operatori potranno operare seguendo le procedure burocratiche che, grazie alla digitalizzazione, dovranno essere complete e rendicontabili. Il risultato potrà essere un’attenzione costante alla trasparenza delle procedure, a monte e a valle.

Molte regole sono state introdotte, nel corso degli anni e creando una normativa affastellata, dove i varchi si aprono con facilità; per inefficienza, impreparazione delle stazioni appaltanti, ritardi, costi impropri: sono le osservazioni più comuni. Eppure, oggi abbiamo alcuni strumenti di trasparenza e di efficienza che potranno fare la differenza.

Spesso la discrezionalità delle scelte da parte di chi amministra è all’origine del problema.  Sappiamo tutti come incida sui ritardi delle autorizzazioni il cambio degli amministratori, il peso dei veti contrapposti e i conflitti di interesse: nel dubbio, la procedura si ferma e la paura della firma ha la meglio. Parliamo anche dell’abuso d’atti d’ufficio. L’altra faccia dell’omissione d’atti d’ufficio. Procedure indeterminabili con tanti padri.


Come uscirne?

Vediamo un attimo la Francia.  Le Z.A.C. (Zone di gestione condivisa) sono redatte dallo Stato centrale che disegna una griglia di urbanizzazione sulla zona che vuole ottimizzare, e quella è. Si ritaglia anche le parti più succose e lascia agli investimenti di altri lo sviluppo delle aree limitrofe. Il rapporto occhiuto tra centro e periferia è una vecchia storia che si può dire risalga ai missi dominici di Carlomagno. Oggi sono le delegazioni o il coordinamento territoriale dello Stato, che non molla la presa. Quindi la discrezionalità delle scelte locali si deve inquadrare nel disegno già predisposto dallo Stato; dove la competenza degli operatori pubblici è vagliata e difesa da Scuole di tradizione ineccepibile, come l’ENA. 

Non si dà il caso che un sindaco si arroghi la scelta di un progetto (ad es. di restauro e valorizzazione del patrimonio architettonico e paesaggistico rurale) o di ogni altra iniziativa da finanziare nell’ambito del PNRR: inoltrerà invece alla Regione la sua proposta che confluirà in un Avviso pubblico che ne assicuri l’evidenza.  Se poi volessimo completare il quadro, i cittadini andrebbero coinvolti nelle scelte dei propri amministratori attraverso i dibattiti pubblici, preventivi. Come in Gran Bretagna con le inchieste pubbliche, public inquiries. Ovvero in Francia con le dèbats publiques. La digitalizzazione sarà la prima delle mission, insieme all’innovazione e alla competitività, che garantiscano alle procedure di essere intercettate nelle varie fasi.  La trasparenza nasce da qui. I piani di gestione del territorio e il completamento degli standard (infrastrutture, mobilita, scuole e servizi sanitari) dovranno essere parte viva dei dibattiti fra cittadini e amministrazioni locali, senza deroghe o compensazioni esigue che ne alterino la natura.

Noi, con i piani locali del PNRR ci affacciamo a questo mondo. Il nuovo codice degli appalti (marzo ‘23) affida alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti la facoltà di scegliersi l’imprese cui affidare i lavori. Anche sotto soglia comunitaria. (per lavori sotto i 5 mila euro per lavori minori, forniture e servizi, nei cantieri).  Sarà compito dell’Anac e di tecnici di opportuna competenza verificare che gli appalti minori non siano risultato dello spezzettamento di opere di maggiori dimensioni, allo scopo di evitare le gare ad evidenza pubblica.

Il Codice identificativo di gara (CIG digitalizzato) è lo strumento preventivo che l’Anac istruisce per avere il controllo delle procedure.  Si potrebbe anche evitare la rotazione nel conferimento degli appalti, verso la riedizione delle vecchie imprese benevise, tenuto conto della necessità per le imprese di attrezzarsi anche come dimensione per le opere pubbliche; a condizione che i controlli ex ante non rivelino irregolarità pregresse. Il sistema potrebbe essere utile per fidelizzare all’Ente pubblico gli operatori capaci e ben identificati.  Questo potrebbe facilitare la scrematura dei più efficienti nelle regioni del Mezzogiorno.

In base al d.lgs. 42/2004 e con il coordinamento del ‘Ministero della cultura, si potrebbero recuperare edifici storici, di cui il Mezzogiorno è ricco, renderli disponibili alla pubblica funzione e per un tempo congruo.


La Commissione europea ha sintetizzato le sue osservazioni circa le proposte del Piano italiano e gli interventi previsti per il PNRR da realizzare entro il 2026. Cosa emerge?

A confronto con i Piani di Germania Francia Spagna, l’Italia può contare su 191.5 mld, di cui 68.9 in sovvenzioni e 122.6 in prestiti. Il 40% destinati al sud per le aree rurali, le ultraperiferiche e i collegamenti ferroviari.

A livello comunitario, le voci di spesa dei fondi orientati dal PNRR sono così suddivise:

- transizione verde: Italia 37%, Germania 42%, Francia 46%, Spagna 40%
- trasformazione digitale: Italia 25%, Germania 52%, Francia 21%, Spagna 28%
- resilienza sociale ed economica: Italia 38%, Germania 6%, Francia 33%, Spagna 3%

L’Italia potrà aggiungere ai fondi già allocati altri derivanti dai finanziamenti previsti per le Regioni, il fondo sociale europeo e il fondo di aiuti europei agli indigenti. Totale 205 mld di euro tra prestiti e sovvenzioni.

Tutti i quattro Paesi sopra indicati hanno come primo obiettivo la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Un problema comune.  Oltre alla cybersecurity, per evitare danni ai cittadini. E l’identità elettronica. Nell’ordine, anche la promozione dell’efficienza energetica e la formazione professionale. La domanda che dobbiamo porci è: sarà la nostra Pubblica Amministrazione pronta ad adottare i percorsi digitalizzati? I vantaggi sarebbero molteplici: il controllo delle procedure, dalla proposta dei cittadini al collaudo delle opere.

Un accenno a collaudi ed arbitrati delle opere pubbliche: sono compiti che possono essere svolti dagli alti funzionari amministrativi all’interno della P.A.: la trasparenza e la digitalizzazione sono gli strumenti idonei per seguire le procedure in tempo reale.  Anche il gran lavoro delle commissioni interne che studiano i vari dossiers che provengono da ogni parte del Paese – in particolare quelli legati ad eventi che abbiano provocato danni idrogeologici -    potrebbe essere semplificato da un contatto snello e coordinato con le Amministrazioni periferiche

Sarà fuori moda citare uno dei migliori governanti che abbiamo avuto in Italia: Luigi Einaudi. Scriveva come fosse opportuno mettere in chiaro e in trasparenza la maggior parte delle spese che lo Stato affrontava a vario titolo e attraverso modalità pubbliche: non aveva nel cassetto la digitalizzazione ma concettualmente l’aveva prefigurata. Purtroppo, la risposta potrebbe essere no. Gli impiegati dello Stato per i quali auspicava lo stipendio adeguato alla funzione, sono in molti, più del necessario: una grande cassa integrazione non dichiarata.

La Spagna, che vede attualmente una buona rinascita del mercato del lavoro, ha destinato buona parte dei fondi a sua disposizione a una serie di riforme per rafforzare le politiche attive nel mondo del lavoro e ridurre la segmentazione dell’occupazione che colpisce i giovani; favorendo la semplificazione delle varie forme contrattuali:

Transparency International ha un grande compito: sensibilizzare la pubblica opinione sui risparmi che una burocrazia controllabile offrirebbe ai contribuenti. Gioca a suo favore il lavoro che i soci e i Presidenti che si sono succeduti hanno tenacemente svolto, malgrado i lacci e lacciuoli che ne imbrigliavano le volontà. 

Non parte da zero: i Patti di Integrità – quegli accordi di best practice introdotti da TI negli anni ’90 e sottoscritti con gli Enti locali per aiutare la società civile nella lotta alla corruzione, - sono stati antesignani di un metodo che ora è legge obbligatoria nel settore degli appalti.  Si tratta di proseguire con lo stesso intento.  L’epoca della distribuzione a pioggia dei fondi statali agli Enti locali con controlli che, dopo i bandi di gara, si perdono nelle lunghe negoziazioni particolari, forse sono finiti; il nostro decoro verso i Paesi cofinanziatori dell’Unione europea e il debito pubblico che ci troviamo sulle spalle non lo consentono.

 

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