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PRESIDENZA

Care Colleghe e Cari Colleghi,

la conversione del DL Salva-casa è un provvedimento certamente utile e che speriamo semplifichi la vita ai cittadini italiani. Nei giorni scorsi ANCE ha espresso alcuni primi commenti sul tema (https://ance.it/2024/07/approvato-il-decreto-salva-casa-i-primi-commenti-dellance/). Alla ripresa, come Associazione, avremo molte occasioni per illustrarlo e supportare i soci nella migliore comprensione delle opportunità offerte al mercato. Purtroppo, rimane assolutamente irrisolta la questione urbanistica che ci riguarda direttamente come filiera delle costruzioni che opera nel nostro territorio.

Assimpredil Ance rimane fiduciosa che si possa riconoscere che professionisti, costruttori e funzionari del Comune di Milano hanno operato alla luce di una interpretazione consolidata della normativa nazionale, regionale e del PGT.

In attesa che la questione sia affrontata nelle sedi opportune, il mercato è sospeso, è totalmente fermo.

Temo che i prossimi mesi saranno molto difficili per chi opera a Milano ma che la questione, in assenza di un provvedimento legislativo chiaro, si espanderà a macchia d’olio in tantissimi altri territori. Dobbiamo, quindi, affrontare una gravissima crisi ma dobbiamo anche dare risposte a temi e questioni tante volte affrontati e mai completamente risolti nonostante i vari tentativi fatti negli anni, che a volte hanno reso più complesse le norme di riferimento.

Da sempre sosteniamo che una reale ed efficace riforma in materia di rigenerazione urbana dovrebbe iniziare non tanto dall’edilizia (riforma del DPR 380/2001), bensì dalla disciplina urbanistica tuttora legata ad una legge del 1942 e a un Decreto Ministeriale del 1968 nonché alla legge regionale 12/2005 nata dopo la riforma del titolo V della Costituzione.

La sola riscrittura del Testo Unico dell’edilizia, infatti, non è sufficiente per la corretta gestione della disciplina della rigenerazione urbana, ovvero di ciò che rappresenta l’ultima frontiera della pianificazione moderna.

Siamo convinti che un tema così delicato debba necessariamente essere gestito organicamente e con una visione integrata, nell’ambito di una generale riforma che chiarisca e statuisca, finalmente, il principio per cui le norme del 1942, così come quelle del 1967 e del 1968 sono ormai inadeguate alle esigenze delle città italiane! Per fare questo occorre quindi avere il coraggio di dire che vanno abbandonati tutti quei meccanismi normativi che fino ad oggi, laddove sono stati considerati vigenti nonostante la riforma del titolo V della Costituzione, hanno impedito di fatto l’attuazione degli interventi di trasformazione urbana, primo fra tutti il DM 1444/68.

Bisogna arrivare ad una riforma dei principi su cui si regge la legge urbanistica ferma al 1942 e sarebbe utile cogliere questa occasione per arrivare ad un testo coordinato della normativa sul consumo di suolo e rigenerazione urbana.

Alla necessità di arrivare ad una visione più integrata della materia urbanistica ed edilizia si affianca il tema della certezza delle regole che qualsiasi riforma deve essere in grado di garantire. In tema di certezza delle regole, non posso non parlare delle modifiche al DPR 380/2001 che da più di 10 anni si sono succedute cercando di indirizzare gli interventi di trasformazione urbana verso la rigenerazione, ma che hanno creato in realtà non poca confusione.

Ci sono aspetti prioritari su cui avviare un confronto serio per il futuro, e penso a un nuovo modello per la perequazione urbana in grado di determinare nuove risorse per il co-finanziamento dei contenuti pubblici del Piano eliminando il ricorso alle contribuzioni straordinarie, esito di negoziazioni di carattere politico.

Lo strumento urbanistico, sulla base di regole chiare e geometriche, potrebbe fissare un indice edificatorio di base, il cui utilizzo genera la contribuzione ordinaria (in termini di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione), e può prevedere in alcuni ambiti urbani un indice ulteriore. Alla trasformazione che sfrutta anche l’indice ulteriore verrà chiesto di corrispondere una contribuzione addizionale, in termini non più di cessione di aree, ma di riqualificazione di attrezzature e infrastrutture esistenti e di gestione effettiva dei servizi necessari.

Altra questione da affrontare riguarda la nuova disciplina degli standard urbanistici, ovvero la possibilità di differenziare gli standard per le zone di espansione da quelli per il tessuto urbano consolidato e garantire dotazioni territoriali non più improntate al solo criterio quantitativo (mq aree/abitante), ma anche alla qualità e alla concreta prestazione dei servizi. In linea con le nuove esigenze della città contemporanea, riarticolare le tipologie di dotazioni territoriali e le modalità di adempimento degli standard urbanistici (non solo cessione aree, ma anche cessione immobili o unità immobiliari, ristrutturazione/manutenzione urbanizzazioni e attrezzature esistenti, monetizzazione), nell’ambito di un nuovo sistema di cofinanziamento della città pubblica, che elimina il ricorso a forme di contribuzione straordinaria.

A livello nazionale è utile un confronto sul tema dell’indifferenza funzionale all’interno del territorio urbanizzato, con riserva ai Comuni di indicare le sole destinazioni incompatibili con il contesto urbano di riferimento e prevedere, fino alla revisione della disciplina edilizia e urbanistica, l’ammissibilità delle modifiche delle destinazioni d’uso in deroga agli strumenti urbanistici comunali. Ma, parlando di rigenerazione occorre anche consentire interventi sull’edificato, degradato e ambientalmente compromesso, anche oltre il restauro e risanamento conservativo, attraverso opere che, pur nel rispetto degli elementi tipologici e identitari, possono implicare una innovazione funzionale, energetica e tecnologica in linea con i nuovi standard di qualità dell’abitare.

Altro grande tema è quello legato al valore della rigenerazione urbana per il contenimento del consumo di suolo. Riduzione del consumo di suolo e rigenerazione urbana rappresentano, infatti, il risvolto della stessa medaglia: non è possibile raggiungere gli obiettivi europei senza una efficace politica organica volta a rendere agevoli, diffusi ed economicamente sostenibili gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate. Le politiche rigenerative del suolo possono trovare una concreta attuazione solo se questo tema sarà accompagnato da criteri certi e chiari, auspicabilmente caratterizzati da un approccio “premiale” che favorisca gli operatori che si impegnino nella direzione del recupero.

Per questo come ANCE abbiamo proposto che siano considerati di interesse pubblico gli interventi di rigenerazione urbana, sia pubblici che privati, al fine di poter beneficiare delle semplificazioni e degli incentivi previsti dalla nuova legge. In linea con quanto già fatto dal Comune di Milano che ha allargato l’elenco degli immobili dismessi da rigenerare. È un riconoscimento fondamentale che non deve essere assimilato alla dichiarazione di pubblica utilità finalizzata, differentemente, all’esproprio della proprietà delle aree per la realizzazione di opere pubbliche.

E finisco, come evidenziato in passato dalla Conferenza delle Regioni, auspicando che “devono essere fatte salve tutte le normative regionali previgenti già in linea con gli obiettivi nazionali, al fine di tutelare i processi già avviati, garantendone la prosecuzione in un quadro normativo già assestato. Tali iniziative legislative sono profondamente connesse con la specifica normativa urbanistica regionale e per tale ragione difficilmente emendabili se non rischiando di compromettere il consolidato sistema della pianificazione che ogni Regione ha scelto di perseguire”. Questo discorso vale, in particolare, per la Lombardia che, una delle prime in Italia, ha già emanato nel 2018 la sua legge sulla rigenerazione urbana.

Ci sono ampi spazi per un confronto sul futuro della normativa urbanistica ed edilizia in tema di rigenerazione, ma prima bisogna superare i problemi dell’oggi e, in attesa di evoluzioni, reputo sia utile condividere ancora una volta la posizione di Assimpredil Ance a riguardo, già espressa attraverso una nota stampa ufficiale nei giorni scorsi.

Come Assimpredil Ance pensiamo sia urgente avere un quadro normativo chiaro e definito per Milano e per tutta l'Italia. Ci auguriamo che si trovi in tempi rapidi la soluzione per superare lo stallo che sta bloccando tutta la filiera dell'edilizia.

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