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INTERVISTA ALLA RETTRICE DEL POLITECNICO DI MILANO DONATELLA SCIUTO


Rettrice Sciuto, un recente sondaggio di SWG ha portato alla luce dei luoghi comuni attorno alle STEM: 1 persona su 3 ritiene che si tratti di materie più adatte agli uomini. Cosa si può fare per scardinare questi pregiudizi?

I pregiudizi sono dei muri altissimi da abbattere. Possiamo togliere un mattone alla volta, ma l’impresa è ardua quando i preconcetti si sono stratificati nel tempo. Cemento armato!

Io ripeto spesso che si impara per emulazione. Quindi un primo modo è sicuramente quello di dare esempi positivi e modelli da seguire.

Sono molto orgogliosa che una nostra Alumna e ingegnere, laureata a pieni voti, Regina De Albertis, sia arrivata a ricoprire una delle massime cariche all’interno della vostra associazione. Sarà ricordata come la prima donna alla presidenza di Assimpredil Ance, ma sono certa che ne seguiranno altre.

Per questo è fondamentale alimentare il sistema dal basso, fare in modo che sempre più ragazze scelgano le materie scientifiche e tecnologiche perché, dati alla mano, sono determinate, hanno bassi tassi di abbandono e voti mediamente più alti. Invito a leggere il nostro Bilancio di Genere, è pubblico.

Nel percorso di carriera, però, le donne hanno prestazioni peggiori. Dobbiamo fare in modo che ci sia all’interno delle aziende una cultura del merito che passa anche dalla condizione retributiva. Secondo le nostre rilevazioni, il gender pay gap dei laureati “Polimi” risulta in contrazione: siamo passati dal 10% nel 2020 ad ingegneria, al 5%. Era del 15 percento ad architettura e design. Oggi è al 5% nel primo caso e a zero nel secondo. Sono ottimi segnali!


Secondo i vostri dati occupazionali, il 97% dei laureati magistrali del Politecnico è occupato a un anno dal conseguimento del titolo di studio. Una percentuale alta. Quali sono le iniziative che mettete in atto per gli studenti in questo senso e quali le iniziative che a suo parere le imprese del settore edile dovrebbero implementare per attrarre i laureandi?

I nostri laureati vivono una situazione di quasi totale occupazione, merito di una formazione di primo livello e di un contesto internazionale che ci posiziona tra i primi atenei in Europa. Il Politecnico è noto per non fare sconti a nessuno! Questo rigore certamente aiuta.

C’è poi una richiesta molto alta da parte del mondo del lavoro per chi sceglie le materie STEM. Il nostro Career Service riceve qualcosa come 17.000 richieste di impiego l’anno. Un terzo dei nostri studenti magistrali trova lavoro ancora prima del titolo.

La questione è che In Italia abbiamo troppi pochi laureati rispetto ad economie concorrenti. Penso alla Germania, per esempio, dove ancora più alto è il numero dei dottori di ricerca. Le nostre imprese, spesso di piccole dimensioni, faticano a mettere in moto processi di innovazione che richiedono l’impiego dell’alta formazione.

Sul fronte edile intravedo grandi opportunità. Alcuni ipotizzano che nei prossimi cinque anni al settore serviranno oltre 200.000 assunzioni. E allora penso alle sfide energetiche e della sostenibilità, che sono leve importanti per i giovani.

C’è poi un secondo problema. Non solo è difficile attrarre i laureati, ma soprattutto trattenerli! Per farlo dobbiamo capire non solo quali sono i loro bisogni, ma anche, e in primo luogo, i loro valori. I ragazzi non cercano più il posto fisso, come poteva essere per i nostri genitori, ma quello che meglio rispetta il loro pensiero su larghi temi, come la sostenibilità ambientale, appunto, e l’inclusione, altro tema a loro molo caro.


In quale maniera le imprese e le Università possono collaborare per far fronte al tema degli affitti per gli studenti?

Il tema del caro affitti è lungamente dibattuto e il riflesso di dinamiche sociali in movimento. Oggi l’università non si sceglie per prossimità. Al Politecnico il 70% degli studenti viene da fuori Milano. Quasi un terzo degli iscritti alle lauree magistrali proviene da oltre confine. È questa ricchezza che deve crescere all’interno delle nostre aule e dei nostri laboratori per trasformarsi in forza lavoro per le aziende private e per il settore pubblico. 

Le università stanno facendo investimenti importanti, merito anche dei fondi del PNRR, il cui target è quello dei 60.000 nuovi posti letto entro il 2026. Pensiamo che siano sufficienti? Purtroppo no. In Italia il numero delle residenze universitarie è veramente ridotto: basti pensare che queste strutture ospitano solo il 5% degli studenti, mentre in Olanda la percentuale sale al 30%. A questa mancanza stanno rispondendo anche soggetti privati, anche se purtroppo a prezzi piuttosto elevati per gli studenti.

Intervenire nella riqualificazione di aree dismesse è decisivo, ma va fatto evitando il fenomeno della gentrificazione. Città come Parigi e Londra hanno attuato politiche mirate e di successo. Penso anche a Barcellona, dove El Poblenou da ex distretto industriale è stato trasformato in centro di innovazione preservando l’essenza e l’identità culturale del quartiere. Là dove il privato opera in sintonia con le università e con i centri di cultura e di ricerca questo equilibrio viene in genere mantenuto. Quello che vorremmo accadesse in Bovisa con il nostro nuovo Campus.


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