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PROTAGONISTI

INTERVISTA A PAOLO VITTORIO RIVA,
VICE PRESIDENTE ALLE OPERE PUBBLICHE
DI ASSIMPREDIL ANCE

L’adeguamento prezzi continua a rivestire un ruolo centrale per garantire la dialettica tra principio di concorrenza e la conservazione dell’equilibrio contrattuale: ritiene che la recente sistemazione normativa intervenuta con il nuovo Codice degli appalti in tema di revisione dei prezzi sia efficace?
Sul punto abbiamo fatto grandi passi in avanti. Il nostro settore ha accolto con grande favore la scelta del nuovo Codice di annoverare, tra i principi cardine, che reggono l’architrave dei lavori pubblici, anche quello di conservazione dell’equilibrio contrattuale; altrettanto positiva la disposizione conseguente, che sancisce l’obbligo di inserire nei bandi di gara apposite clausole di revisione contrattuale.
Anche alla luce di quanto è stato spiegato dalla relazione del Consiglio di Stato di accompagnamento al testo del Codice, possiamo dire che oggi è conclamata la volontà del Legislatore di consentire una rinegoziazione del contratto nel corso della sua esecuzione perché l’obiettivo, alla fine, è quello di raggiungere il risultato della commessa (altro principio cardine del Codice) e, pertanto, vanno neutralizzate tutte le circostanze che potrebbero minare l’esecuzione dell’opera.
Tuttavia, all’atto pratico già emergono alcuni profili problematici.
Innanzitutto, con riferimento ai contratti d’appalto aggiudicati con il nuovo Codice, mancano gli strumenti per applicare la revisione e, al momento, registriamo comportamenti differenti tra i vari committenti che lasciano ovviamente disorientate le imprese concorrenti.
C’è dunque urgenza di chiarimenti governativi o di nuovi indici ISTAT, così come sarebbe previsto nell’articolo 60. Oggi siamo certamente molto lontani dall’attuazione di un sistema dinamico di revisione (cd modello francese): una revisione prezzi svolta quasi in tempo reale, mensilmente, in modo da adeguare rapidamente quanto dovuto con il pagamento dei SAL.
Anche gli indici ISTAT, su cui è previsto che si regga l’impianto revisionale, devono essere i più puntuali possibile e bisogna potenziare la struttura e le competenze dell’Istat, se serve, perché è un lavoro che non si può rinviare. Gli indici attuali, come ha ripetutamente evidenziato Ance presso tutte le sedi opportune, non sono adatti a rappresentare il reale costo dei materiali che hanno pesato sui costi di costruzione e vanno completamente ridefiniti.
Bisogna inoltre partire col piede giusto, già dalla fase di gara: bisogna- in altre parole- che i prezzi posti a base d’asta siano congrui; che consentano, cioè, ai concorrenti la presentazione di una proposta concreta e realistica, a rischio, in caso contrario, sia di carenze di effettività delle offerte e di efficacia del risultato sia di alterazioni della concorrenza tra imprese.
Per questo abbiamo una grande aspettativa verso la nuova edizione (2024) del Prezzario della Regione Lombardia, che dovrebbe recare anche una nuova impostazione più analitica della determinazione delle voci.
Speriamo nel risultato, certamente non ha difettato l’impegno associativo, in termini di lobby, sul punto.
Altra battaglia che stiamo portando avanti è quella che mira ad attualizzare l’incidenza percentuale delle spese generali rispetto all’incremento dei costi non produttivi e ai maggiori oneri posti a carico degli appaltatori, compresi gli oneri della sicurezza, mai aggiornati negli ultimi 40 anni.

Si continua a parlare di procedure sottosoglia. La recente circolare del MIT sta generando posizioni contrastanti: qual è la posizione delle imprese?
In linea di principio, il chiarimento fornito dal MIT va incontro alle richieste dell’ANCE, che da subito aveva preso posizione richiedendo che venisse abbassata la soglia per l’evidenza pubblica e venisse chiarita la libertà di mettere a gara le opere sottosoglia con procedura aperta o negoziata. Prendo atto che vi sia qualcuno che ha visto nella Circolare solo un modo per avallare la legittimità dell’eventuale ricorso alle procedure ordinarie ed anche un modo per modificare impropriamente il Codice. Non credo sia interesse di nessuno, soprattutto non delle imprese, alimentare questa faziosità. Ciò che è chiaro, piuttosto, è la necessità di un dettato normativo chiaro, soggetto ad un’interpretazione univoca, altrimenti si generano distorsioni, rallentamenti delle procedure e contenzioso. Sul tema degli affidamenti sottosoglia, poi, permane l’esigenza di garantire la massima trasparenza, sia in merito ai criteri di selezione ma anche nell’andamento di tutta la fase esecutiva, a partire dalla conoscibilità dei risultati di aggiudicazione. Il fatto che le norme applicabili al sottosoglia siano foriere di divergenti interpretazioni è il chiaro segnale della necessità dell’intervento risolutivo del Legislatore, nell’interesse degli operatori e degli enti pubblici che mettono a gara la opere.

È chiaro che, per quanto generalmente sia positivo l’approccio al nuovo Codice, vi sono punti dove le imprese richiedono un nuovo intervento del Legislatore. Vuole segnalarci una possibile area di intervento?
Ai fini di una piena attuazione del principio del risultato, occorre accompagnare il Codice con un Manuale Operativo dedicato ai soli lavori pubblici, nella forma di regolamento unico di attuazione, finalizzato in particolare a disciplinare operativamente la fase dell’esecuzione dando una cornice definitiva, unitaria e coerente. La fase di esecuzione è fondamentale e, purtuttavia, da sempre trascurata dal Legislatore. Riteniamo invece che vadano meglio definite le prerogative di tutte le parti per evitare abusi di posizione, che pure ci sono stati in passato. E’ decisivo però creare un meccanismo che consenta alle imprese e alle stazioni appaltanti di lavorare bene e speditamente sia nella messa a gara che soprattutto nella fase di cantiere. In questo senso l’idea di un regolamento unico per i lavori che sia un manuale operativo resta per noi una proposta centrale.
Ci saranno poi altri aspetti del codice che dovranno essere oggetto di “limatura”, ma penso che molto emergerà alla prova dei fatti, nel corso della sua applicazione.

Siamo in chiusura d’anno: per il comparto delle opere pubbliche il bilancio di questo 2023, forte delle risorse del PNRR, sembrerebbe positivo. Ma quali sono le prospettive per il futuro?
Il mercato delle opere pubbliche, nel futuro più prossimo, è destinato a rivestire un ruolo trainante: secondo il recente rapporto pubblicato dal Cresme, tra il 2022 e 2024 il mercato crescerà del 36% a valori correnti, pari a 18,5 miliardi di euro in più. Un dato sicuramente positivo, ma con un grosso punto interrogativo. Non si tratta di un trend di crescita costante, non c’è un orizzonte certo, tale da consentire di fare investimenti o scelte imprenditoriali per il futuro.
I dati risentono degli investimenti PNRR, che l’anno prossimo dovrebbe vedere una graduale diminuzione della fase delle gare ed un passaggio a quella della messa a terra dei cantieri. Non dimentichiamoci, però, che tutto si chiude con il 2026.
Il timore è che sia una faticosa abbuffata: dopo questa fase di euforia e lavoro intenso, forse vale la pena di chiedersi che cosa c’è dietro l’angolo.

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