Notiziario delle recenti pronunce di rilievo in materia di licenziamento nell’ambito della giurisprudenza della suprema Corte di Cassazione - 3/2023

Segnaliamo alcune recenti pronunce della Cassazione in materia di licenziamento, al fine di informare le imprese associate circa gli orientamenti giurisprudenziali e gli esiti delle impugnative, fermo che è sempre attivo il nostro servizio sindacale, telefonico e su appuntamento, per supportare il datore di lavoro nelle eventuali procedure di licenziamento individuale o collettivo.

Suggerimento n. 557/113 del 28 novembre 2023


CASSAZIONE CIVILE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA N. 31561 DEL 13.11.2023 - LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO - ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DI UN DIPENDENTE PER G.M.O. PER VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI REPECHAGE, QUANDO IL DATORE DI LAVORO ASSUMA NUOVI DIPENDENTI CON MANSIONI DIFFERENTI RIENTRANTI NELLO STESSO LIVELLO DI INQUADRAMENTO IN BASE AL CCNL APPLICATO

 

Una lavoratrice, assunta come cassiera in un locale poi rimasto per lungo tempo chiuso a causa di un incendio, è stata licenziata dopo una riorganizzazione aziendale, con la motivazione della soppressione del suo posto di lavoro.

La lavoratrice aveva impugnato il licenziamento, per violazione dell’obbligo di repêchage, perché nel CCNL applicato nello stesso livello di inquadramento ricoperto erano comprese anche altre diverse mansioni (quali quelle di addetta ai tavoli o al bancone), mansioni alle quali avrebbe potuto essere adibita dal datore di lavoro, anche dopo la riorganizzazione aziendale, tanto che il datore di lavoro aveva successivamente in effetti assunto vari nuovi addetti proprio a queste diverse mansioni.

La lavoratrice aveva impugnato il licenziamento ed in primo grado il Tribunale aveva accolto la sua tesi, che invece era stata respinta in secondo grado dalla Corte di Appello di Roma.

Quest’ultima aveva concluso che la lavoratrice in questione non avesse mai svolto mansioni di addetta al bancone o ai tavoli, ma quelle esclusive di cassiera, a nulla rilevando che il Ccnl applicato ponesse dette molteplici mansioni sullo stesso livello di inquadramento. Per la Corte di Appello di Roma dette mansioni sono da ascriversi allo stesso livello da un punto di vista tecnico giuridico, quindi retributivo, ma in concreto non possono che ricondursi al bagaglio professionale di competenze già posseduto dal dipendente, bagaglio quindi immediatamente riutilizzabile in dette diverse mansioni, senza una riqualificazione professionale e ulteriore formazione.

Avendo avuto la lavoratrice la sola professionalità del cassiere, singola mansione svolta, il giudice di secondo grado aveva escluso che avesse avuto anche la diversa professionalità dell’addetto al banco o ai tavoli, o di altre figure che erano state in effetti assunte successivamente (cameriere, aiuto cuoco, lavapiatti ed altro), pur rientranti nello stesso livello o in un livello inferiore del CCNL applicato. Dunque, la circostanza che dette figure fossero state inquadrate nello stesso livello della cassiera, o a livello inferiore, è stata considerata una circostanza “neutra”, ininfluente, ai fini di valutare la fungibilità delle mansioni alle quali la lavoratrice avrebbe potuto essere assegnata nella riorganizzazione del locale e quindi ricollocata anziché licenziata.

Tale decisione non è stata tuttavia confermata anche dalla Corte di Cassazione (terzo grado) che, con ordinanza, ha dichiarato la illegittimità del licenziamento, cassando la sentenza di secondo grado e rinviando alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese dei due gradi di giudizio che erano state poste a carico della lavoratrice.

 

La Cassazione ha ribadito la propria giurisprudenza consolidata in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, confermando che:

  • spetta al datore di lavoro l'allegazione e la prova dell'impossibilità di repêchage del dipendente licenziato, senza che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili. Trattandosi di prova negativa, il datore di lavoro ha sostanzialmente l'onere di fornire la prova di fatti e circostanze esistenti, di tipo indiziario o presuntivo, idonei a persuadere il giudice della veridicità di quanto allegato circa l'impossibilità di una collocazione alternativa del lavoratore nel contesto aziendale;
  • la valutazione della capacità professionale del lavoratore licenziando ad occupare un posto di lavoro diverso deve risultare da circostanze oggettivamente riscontrabili e non in base ad una valutazione meramente discrezionale, riservata e non sindacabile del datore di lavoro, altrimenti l’obbligo di repêchage sarebbe svuotato da ogni contenuto;
  • né il giudice può basarsi su massime di esperienza, ad esempio sostenendo che un cassiere non possa fare il cameriere o altro, come aveva argomentato la Corte di Appello, ma occorre che valuti se il datore di lavoro abbia dimostrato in concreto che la lavoratrice non fosse in grado di assumere i ruoli in cui sono stati assunti nuovi dipendenti;
  • l’attuale formulazione di cui al comma 1 dell’art. 2013 c.c. - che recita "Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto (...) ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte” - non contenendo più il riferimento a mansioni equivalenti, comporta che il riferimento alle varie mansioni previste dal CCNL applicato nei singoli livelli di inquadramento costituisce ormai il perimetro nel quale il datore di lavoro deve muoversi per trovare una possibile ricollocazione;
  • in base all’attuale formulazione di cui al comma 2 dell’art. 2013 c.c. - che recita "In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale" - il datore di lavoro è legittimato all'assegnazione del lavoratore anche a mansioni inferiori, a prescindere dal suo consenso;
  • tutto ciò considerato, ai fini dell’obbligo di repêchage, il giudice dovrà valutare per accertare in concreto se chi è stato licenziato fosse o meno in grado - sulla base di circostanze oggettivamente verificabili, addotte e provate dal datore di lavoro, ed avuto riguardo alla specifica formazione ed all’ intera esperienza professionale del dipendente - di espletare in concreto le mansioni di chi è stato assunto ex novo, sebbene inquadrato nello stesso livello o in livello inferiore del CCNL applicato.

 

Pertanto, stante la nuova formulazione post Jobs Act (D. Lgs. 81/2015) dell’art. 2103 del c.c., la possibilità di mobilità orizzontale tra mansioni diverse all’interno dello stesso livello di inquadramento e di demansionamento, in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali, a mansioni appartenenti ad un livello di inquadramento inferiore, come previsti nell’ambito del CCNL applicato, rafforza l’adempimento (e la sua dimostrazione in giudizio) dell’obbligo di repêchage in capo al datore di lavoro.

 


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