Iva - contratto di appalto: somme a titolo di integrazione del prezzo

Le somme corrisposte nell’ambito di un contratto di appalto che rappresentano, di fatto, un’integrazione del corrispettivo per una prestazione effettivamente resa assumono la natura di corrispettivi supplementari, perdendo la funzione indennitaria e rientrano, pertanto, nel campo di applicazione dell’Iva.

Suggerimento n. 425/65 del 1° settembre 2025


Con Risposta n. 215 del 19 agosto 2025 l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcune precisazioni in merito alla qualificazione giuridica delle somme dovute da un’impresa appaltante all’impresa appaltatrice incaricata della costruzione di un edificio.

In particolare, nel caso esaminato, in seguito a ritardi nella prosecuzione del progetto, imputati alla committente, l’impresa appaltatrice otteneva dal giudice una sentenza di condanna al pagamento dei maggiori oneri connessi a ritardi addebitabili alla committente stessa.

La questione posta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate verte sulla necessità o meno di applicare l’Iva alle somme versate, valutandone la loro natura, meramente risarcitoria o strettamente sinallagmatica. Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria ritiene necessario verificare se, tali somme, rappresentano un corrispettivo per una prestazione ricevuta o se, al contrario, si tratta di un risarcimento per inadempimento o irregolarità di obblighi contrattuali.

La normativa dispone, infatti, l’esclusione dal computo dalla base imponibile Iva delle somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità nell’inadempimento degli obblighi del cessionario o del committente mentre è prevista l’imponibilità ad Iva delle prestazioni di servizio verso corrispettivo dipendenti da contratti di appalto.

In sostanza, per verificare se una somma di denaro rientri, o meno, nel campo di applicazione Iva, occorre verificare l’esistenza del presupposto oggettivo di applicazione dell’imposta, ossia se sussista una correlazione tra l’operazione realizzata e i versamenti in denaro. L’assenza di tale correlazione fa venire meno il presupposto dell’imponibilità dell’operazione.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, a prescindere dalla qualificazione giuridica delle somme da versare fornita dal giudice in sede di condanna, ciò che rileva è il fatto che la prestazione derivante dal contratto di appalto è stata comunque eseguita. Di conseguenza, a fronte dell’esecuzione della prestazione derivante dal contratto di appalto, la somma che il committente deve corrispondere all’impresa in relazione ai “maggiori oneri diretti e indiretti” da essa subiti, costituisce un corrispettivo supplementare rispetto a quello originario e, pertanto, va assoggettata ad Iva.


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